LIGURIA

 

Le ricette della Liguria sono saporite, elaborate e in genere poco dispendiose. Molto diffuso è l'uso delle piante selvatiche che per l'abbondanza delle piogge crescono rigogliose, e la borragine ancora oggi in molte zone sostituisce gli spinaci nel ripieno dei tortelli. Fra le piante aromatiche il basilico è dominante, usato in salse preparate nel mortaio d’influenza saracena, come il pesto alla genovese. 
I ripieni caratterizzano da sempre questa gastronomia, dove gli ortaggi vengono mescolati a formaggi e uova come nella torta pasqualina. 

Nella storia Genova città-porto, fu un crocevia di culture, arti e buon mangiare. I commerci attivati dalla Repubblica Marinara introdussero l'uso di alimenti come lo stoccafisso ed il baccalà, prodotti in paesi lontani ma rielaborati per far nascere la zuppa detta "buridda". 

Il Rinascimento è certamente un periodo di grande splendore per la cucina genovese, nella città si trovavano botteghe d’ogni sorta, ed i suoi cuochi erano tra i più famosi del tempo, contesi dalle varie signorie. Ancora oggi sono tanti gli elementi comuni fra cucina ligure e catalana, provenzale, portoghese, generati proprio in quell'epoca. 
L'autentica cucina ligure iniziò comunque a svilupparsi dopo il '700: abbastanza priva dalle massicce influenze francesi, riusci a mantenere un suo preciso carattere mediterraneo, e fu allora che fece la sua comparsa il pomodoro. Questa gastronomia è ricordata in molti trattati antichi, come nel “La nuova cucina economica” di Vincenzo Agnoletti, e tante sono le ricette "di terra e di mare" sopravvissute attraverso i secoli, come la farinata, la mesc-ciua, o la trippa alla genovese (più delicata rispetto a quella di altre regioni perché arricchita di funghi e pinoli). 

Insomma, piatti creati utilizzando elementi molto vari, conditi spesso con olio d'oliva, identificanti la storia e la posizione geografica di questa terra, che grazie ad un microclima umido ed eccezionale per il nord Italia, ha una varietà di ortaggi e frutti tale da racchiudere la quasi totalità del coltivabile. 

La percentuale dei terreni coltivati in Liguria è molto contenuta perché il territorio è prevalentemente accidentato, cosicché tanto spazio resta alla vegetazione spontanea. Nonostante la scarsità di suolo, comunque l'agricoltura è tra le più specializzate in Italia. Tipica della regione è la produzione di olio e di vino: viti e olivi sono diffusi sui versanti collinari. L'assenza di pianure ha indotto gli abitanti alla “produzione di spazio” mediante terrazzamenti nei quali è stato trasportato il terreno fertile.

I vini liguri vantano una tradizione millenaria, che comincia con i Greci, continua con i Romani e, attraversando i secoli, arriva fino ai giorni nostri. Diverse le citazioni, da Strabone a Plinio il Vecchio, e se per il primo i vini liguri erano prodotti in quantità limitata, aspri e resinosi, il secondo ne fa gli elogi nella sua Naturalis Historia, affermando che “I vini lunensi detengono la palma dell'Etruria”.

Il clima mite lungo le coste rende possibile la coltivazione di fiori, ulivi, piante tropicali. Libeccio e scirocco sono i venti umidi che soffiano più frequentemente, garantendo quella ventilazione – offerta anche dal sistema mare-monti –, che rende il cielo terso, ma anche le condizioni favorevoli all’allevamento della vite.

Percorrendo la regione da oriente verso occidente, nel Levante, si trovano 4 delle 8 Doc liguri: Golfo del Tigullio-Portofino o Portofino DocColline di Levanto DocCinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà Doc e Colli di Luni Doc. I vitigni principali qui coltivati sono Albarola, Bianchetta genovese, Vermentino, Trebbiano toscano, Ciliegiolo, Dolcetto, Scimiscià, Moscato bianco e bosco. Nella provincia di Genova troviamo la Doc Valpolcevera. I vitigni principali sono qui Ciliegiolo, Sangiovese, Vermentino, Bianchetta genovese, Albarola e Dolcetto con cui si producono vini rossi, rosati e bianchi nelle tipologie fermo, frizzante, spumante, novello e passito. Nella zona del Ponente ligure troviamo le ultime 3 Doc della regione: Riviera Ligure di Ponente DocPornassio o Ormeasco di Pornassio Doc e Rossese di Dolceacqua Doc. I vitigni più importanti in questa parte della regione sono Rossese, Moscato bianco, Alicante, Pigato, Vermentino e Dolcetto. A Quiliano, nel savonese, è particolarmente diffuso il vitigno Granaccia, probabilmente originario della Francia, dove è noto come Grenache. Lo stesso vitigno è conosciuto in Spagna con Garnacha, e sono in molti ad associarlo anche al Cannonau sardo.

L’olio extravergine di oliva è un prodotto simbolo della Liguria, del suo territorio. La coltivazione dell'olivo nel territorio ligure risale agli inizi della sua introduzione nella penisola italica da parte dei Fenici e dei Greci ed è già documentata nel III secolo a.C. Pianta mediterranea per eccellenza, l'olivo ha costituito per millenni una specifica economia e ha finito con il caratterizzare fortemente la gastronomia ligure e delle varie regioni costiere dove si sviluppò la sua coltivazione. La coltivazione dell'olivo in Liguria ha conosciuto una significativa espansione a partire dal XVIII secolo. Lo sviluppo di una fiorente attività commerciale olearia fra la città di Oneglia, in provincia di Imperia, e Milano è attestata da documenti archivistici del XVII secolo.

L’olio extravergine Riviera Ligure, che ha ottenuto il riconoscimento DOP nel 1997, si distingue in tre diverse nomenclature di riferimento geografico: Riviera dei FioriRiviera del LevanteRiviera del Ponente Savonese.

Dalle principali varietà locali di olivo in Liguria, Taggiasca, Lavagnina, Razzola, Pignola, Colombaia, Rossese, Lantesca, Merlina, Mortina, nasce l'olio extravergine di oliva ligure. Per la denominazione Riviera dei Fiori la varietà prevalente è la Taggiasca.  Per la denominazione Riviera di Levante le varietà presenti sono la Lavagnina, la Razzola e la Pignola

Nonostante la ristrettezza del territorio, la tradizione casearia ligure affonda le sue radici negli anni a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Con le trasformazioni sociali avvenute soprattutto dopo la seconda guerra mondiale la pastorizia è andata diminuendo. Sopravvivono però, soprattutto nell'entroterra imperiese e savonese, e in quello chiavarese sulla Riviera di Levante, alcune produzioni interessanti. Nella parte più alta,  prevale l'allevamento bovino con la conseguente preparazione di tome e caciotte di latte vaccino. Si tratta sempre di prodotti di limitata quantità provenienti da piccoli caseifici molto spesso a conduzione familiare. Molto tipica è anche la produzione delle caratteristiche formaggette o robiole, ottenute dall'unione di latte di pecora e capra, talvolta anche da uno solo dei due.

Anche la caseificazione ovina è abbastanza diffusa lungo l’arco montano della regione, trovando origine nell’antica consuetudine della transumanza, che vedeva svernare in Riviera le greggi di Piemonte e Lombardia. Il Pecorino di malga è l’esempio di questi formaggi, che danno un notevole contributo anche alla cucina ligure. Un pecorino di gran classe è quello di Beigua, il cui nome deriva dal territorio dove le greggi pascolano e il formaggio viene lavorato. In questa area, sede del Parco naturale del Beigua, il pastore di origine sarda Pasquale Usai, verso la fine degli anni ’70, abbinò la tradizione casearia sarda con il latte dall’accento salmastro originato nei pascoli liguri.

Oggi il formaggio più conosciuto di questo regione è forse il Formaggio di San Ste’ (vaccino stagionato almeno due mesi), proveniente da Santo Stefano, storica tappa di una delle vie di comunicazione tra il mar Ligure e la Pianura Padana.

In Liguria la produzione dei salumi è di alta qualità e tra quelli più tipici spiccano i nomi del Salame di Sant’Olcese e della Mostardella.

Sembra che gli antichi Liguri che abitavano la Valpolcevera avessero appreso dai Romani le tecniche per la conservazione delle carni suine. Queste tecniche sono state tramandate per secoli dai contadini della zona di Sant'Olcese, dove un tempo era diffuso l'allevamento dei suini. Il salame chiamato di Sant'Olcese fu prodotto per la prima volta ad Orero, oggi frazione del comune di Serra Riccò, ma che sino al 1877 faceva parte del comune di Sant'Olcese. La produzione a livello industriale e il successo commerciale nell'area genovese iniziarono sicuramente prima dell'inizio del XIX secolo.

La Mostardella è invece un salame "povero" ricavato dai residui del salame e per tale motivo lo si può inserire a metà strada tra un salame e una salsiccia.

Altro prodotto tradizionale dell’entroterra ligure, in particolare della Val d'Aveto e della Val Graveglia e della Valle Sturla, le tre valli del Parco dell'Aveto, è il Salame del Parco.

Tra gli altri salumi tipici liguri, si possono citare la Coppa, la Pancetta, il Salame con i lardelli, caratteristici della Val d'Aveto e Val Graveglia, il Salame genovese di Serra Riccò e Sant'Olcese, la Salsiccia ligure, il Sanguinaccio, la Soppressata, la Zerarìa, il Salame crudo (Millesimo), il Salame di pesce o alla bottarga (Alassio), il Mosciame di Tonno (Alassio).

In Liguria l'allevamento di gran lunga più diffuso è quello avicolo, seguono l'allevamento dei bovini, quello degli ovini e quello dei caprini. Assai poco diffuso è l'allevamento suinicolo.

Per quanto riguarda le razze bovine vengono allevate principalmente le seguenti, provenienti dalle regioni limitrofe: Bruna, Limousine, Ottonese-Varzese, Frisona, Piemontese, Rendena, e una razza bovina autoctona: la vacca Cabannina. Vengono allevate per la produzione di latte e carne. Inoltre il territorio del Parco Antola ospita molti pascoli per diverse razze bovine il cui utilizzo  principale è la macellazione. Le razze ovine principalmente allevate in Liguria per la produzione di latte e carne sono la Brigasca, la Massese e la Marrana. 

La pasta prodotta in Liguria ha origini remote: il più antico pastificio italiano sembra sorgesse proprio a Savona. La tradizione pastaria ligure è seconda solo a quella siciliana, infatti la Liguria è patria delle paste essiccate, presenti in innumerevoli formati. La storia della pasta ligure è documentata da atti notarili ancora conservati presso l’Archivio di Stato di Genova, già dal 1244, mentre nel 1574 si è costituita nel capoluogo regionale la Corporazione dei Pastai. Sino a qualche decennio fa era comune parlare di pasta all’“uso di Genova”. Molti i formati di pasta nati in Liguria. Tra questi è doveroso ricordare i Fidelini, che diedero il nome alla Corporazione dei pastai a Genova (detti appunto, Fidelari).

Alcune paste che storicamente contraddistinguono la Liguria sono:

I Battolli, grossi taglierini di farina di castagne. Tradizionalmente vengono conditi con il pesto e una rapa bianca, detta nauin.

Le Bavette sono una pasta secca lunga simile agli Spaghetti ma a sezione piatta. Il condimento tradizionale è anche in questo caso il pesto o in alternativa un filo d’olio d’oliva o il burro.

Bricchetti sono un formato di pasta fresca corta normalmente utilizzata per il minestrone. Il termine in genovese significa fiammifero, proprio perché questa tipologia lo ricorda nella lunghezza e nella forma.

Ci sono poi i CorzettiCorzetti stampaeCroxetti: tipologia di pasta corta a forma rotonda. Si tratta di particolarissimi dischi di pasta all’uovo tradizionalmente tagliati con stampi di legno e decorati con una figura particolare, che in passato era lo stemma della famiglia. Sull’origine del nome esistono diverse tesi. Una di queste vuole che il nome sia legato ad una moneta dell’antica Repubblica di Genova, il corazzo o crosazzo. Un’altra sostiene che si tratti di una variante di una tipologia di pasta provenzale, i Crosets, da cui sono nate anche le Orecchiette pugliesi. Si servono con il pesto ma anche con la salsa di noci, di funghi e con “u toccu”, il ragù di carne alla genovese..

Mandilli de saea. Il nome, di origine araba, significa fazzoletti di seta ed è particolarmente indicativo, poiché si tratta di una tipologia di pasta di ampie dimensioni (20 centimetri di lato) che viene tirata sottilissima e così fine da sembrare seta, appunto. La tradizione vuole che l’impasto venga realizzato con uova, farina e vino bianco secco. I condimenti d’elezione sono il classico pesto genovese o un ragù di carne. I Pansouti, Pansotti sono una tipologia di pasta fresca farcita di forma triangolare. Hanno un ripieno di magro e sono tipici di alcuni comuni della provincia di Genova, quali Rapallo, Recco e Camogli. Il loro condimento d’eccellenza è la salsa alle noci.

 Le Piccagge sono tagliatelle liguri di semola di grano duro che normalmente si servono con pesto e ragù di carne. Quando sono dette matte o bastarde, il loro impasto prevede una parte di farina di castagne.

Ravioli, universalmente noti, sono un formato di pasta fresca all’uovo, ripiena. Si tratta di un formato di pasta antichissimo che come in altri casi, è nato a cavallo tra Piemonte e Liguria e viene particolarmente valorizzato in entrambe le cucine regionali. Il ripieno è normalmente a base di magro e quindi di erbe e formaggio, anche se qui la farcitura è più ricca. Il condimento d’eccellenza in questa regione è il ragù di carne, sebbene sia diffusa anche la consuetudine di servirli con burro e parmigiano. A Levanto sono diffusi dei Ravioli ripieni di sola verdura che si preparano fritti in olio d’oliva e che vengono detti Gattafula. In Liguria i Ravioli erano immancabile piatto del Carnevale e del Capodanno.

Gli Scucuzzun sono piccolissime puntine di pasta normalmente utilizzate per il minestrone, ottenute sfregando l’impasto tra le mani.

Gli Stracci costituiscono una tipologia di pasta ottenuta con sola farina, acqua e sale. L’impasto viene tagliato in grosse sfoglie che sono messe ad essiccare per alcuni giorni. Solo in seguito vengono tagliate a mano in forma irregolare e servite con il pesto.

 I Taglierini genovesi sono una pasta fresca lunga di farina di grano tenero e uova. In certi casi all’impasto vengono aggiunti spinaci o borragine, che gli conferiscono un colore verde. I condimenti d’elezione sono il ragù genovese, il sugo d’arrosto o i sughi con pesci o crostacei. Tipici della Lunigiana sono i TestaroliLosanghe: hanno una preparazione lunga e complessa. L’impasto particolarmente liquido di farina integrale di grano tenero e miglio viene reso con acqua e sale e versato sui testi per uno spessore di circa mezzo centimetro. Dopo la cottura di una decina di minuti si servono con abbondante pesto spalmato

uniformemente. In altri casi le sfoglie si lasciano riposare per alcuni giorni e dopo essere tagliate a losanghe vengono lessate in acqua bollente e servite, anche in questo caso, con il pesto tipico della regione.

Le Trenette sono un tipo di pasta lunga disponibile sul mercato sia secca che fresca. Sono lunghi Spaghetti a sezione rettangolare normalmente raccolti a matassa, preparati con farina, uova, acqua e sale la cui consistenza ruvida permette un maggiore assorbimento del condimento. Si sposano particolarmente bene con il pesto, ma la ricetta tradizionale li vuole serviti con fette di patate e fagioli

Infine le Trofie sono un noto formato di pasta fresca corta ora molto diffuso e facile da reperire sul mercato. Si tratta di Gnocchetti dalla forma allungata ed affusolata, il cui impasto è fatto con farina, acqua e sale. In certi casi vengono resi con il ferretto e quindi assumono una forma attorcigliata. Come per le Trenette, il condimento d’elezione è il pesto o in alternativa fagioloni e patate.

Tra i pani tipici liguri, possiamo citare:

Il Pane Carpasina, chiamata "Pan d’ordiu", è storicamente un pane destinato all’alimentazione dei pastori, poiché non necessitava di farina di frumento (all’epoca il grano era difficile da reperire e molto costoso), garantiva delle eccellenti proprietà nutrizionali e poteva essere conservato molto a lungo. 

Le Ciappe, si preparano con farina, acqua, olio e sale. La farina (di grano tenero) viene lavorata con acqua, olio e sale. Si presentano sottili, dal colore dorato, croccanti e saporite in bocca. In dialetto ligure, ciappa significa pietra piatta sottile come la lastra di ardesia il cui nome deriva da arderela stessa parola nel ponente ligure indica una sorta di schiacciatina, resa croccante e friabile dall'olio extravergine di oliva della Riviera. Si producono nella costa del ponente ligure, nel territorio del comune di Taggia. 

Canestrelli di Taggia, pane croccantissimo fatto con farina di grano, lievito, acqua e aromatizzato con olio di oliva, di cui la zona è rinomata per la sua produzione di elevata qualità. La sua tipica forma ad anello del diametro di circa 10 centimetri e il suo gusto salato sono le due caratteristiche di questo pane tipico, che da secoli si produce nelle zona di Taggia, in provincia di Imperia. 

Il Pane Libretto, piccolo pane fatto con farina di grano tenero, acqua e lievito: il tipico panino che possiamo trovare nei forni genovesi e della regione. Dal colore dorato, questo pane prende il nome di Libretto per via della sua forma rettangolare e per via delle incisioni fatte sulla parte superiore della crosta, che lo rendono proprio simile ad un libretto aperto.

Il Pane di Chiavari, omonimo del suo paese di origine, è un pane molto tradizionale, fatto con farina di grano tenero, acqua, lievito, sale e purea di olive nere. Molto gustoso e saporito a forma di piccola pagnotta, il Pane di Chiavari, inciso con un taglio centrale e cotto in forno, prende un ottimo colore dorato.

La Cecina, di origini molto antiche, è un pane sottilissimo, ottenuto da un impasto semiliquido di acqua, olio, sale e farina di ceci, viene rovesciato in apposite teglie, cotto al momento, tagliato a spicchi e servito caldo.

Il Pane di Triora è il tradizionale pane casereccio della Valle Argentina nato nel piccolo centro di Triora. La farina tipo 1 viene impastata con acqua di sorgente locale, sale e lievito. L'impasto, modellato in pagnotte dalla pezzatura di 1 kg. circa, viene poi spolverato nella crusca prima di essere cotto in forni alimentati a legna.

In Liguria la coltivazione della frutta riguarda numerose e variegate tipologie.

Nell'entroterra ligure sono presenti diverse varietà autoctone di Melo: Melo Belfiore, Melo Beverino, Melo Bianchetta, Melo Musona, Melo Pipìn, Melo Rugginìn, Melo Stolla, Melo Carla. Troviamo poi le Albicocche in provincia di La Spezia e lungo il litorale savonese tra Varazze e Albenga, in particolare nella frazione di Valleggia nel comune di Quiliano. In particolare l'Albicocca di Valleggia, raccolta da metà giugno a metà luglio, è riconoscibile dal delicato colore arancio picchiettato di marrone e dalla buccia molto sottile.

L'Arancio Pernambucco è presente nelle aree più riparate della riviera di Savona e Imperia, con maturazione già da fine ottobre, offre una buona produzione. Teme le gelate primaverili, in quanto fiorisce a fine inverno, e il caldo secco eccessivo. Le arance sono molto succose, con una vena gradevole di acidità; nel complesso l'aroma risulta fresco, profumato ed estremamente gradevole.

Nella zona della Val di Vara (La Spezia) troviamo la Castagna bodrasca, che si presenta esternamente di colore marrone scuro, con ilo abbastanza ampio e rettangolare e torcia lunga e pubescente. È di media pezzatura e ciascun riccio contiene generalmente tre frutti. Mentre il Val Bormida e nell’Entroterra Savonese e Imperiese è diffusa la coltivazione della Castagna gabbiana.

Il Chinotto di Savona è un frutto tipico ligure che viene prodotto sia lungo la costa che nel primo retroterra, tra Varazze e Finale Ligure (Savona). È un alberello sempreverde, originario della Cina e della Cocincina. I frutti, disposti a grappoli, sono di piccole dimensioni, della grandezza di una grossa albicocca, sferici, ma alquanto appiattiti alla base, apireni o con semi piccoli.

Varia anche la produzione delle ciliegie: nella zona di Castelbianco viene prodotta la Ciliegia che prende lo stesso nome. I frutti hanno generalmente una colorazione esterna che varia dal rosso brillante al rosso scuro, tipica delle cultivar del territorio. Nei comuni della Val di Magra (La Spezia) troviamo il Ciliegio durone sarzanese, pianta da frutto, del genere prunus, a maturazione primaverile, appartenente al genere delle drupacee. L'albero ha grandi dimensioni; allo stato di completa maturazione raggiunge anche i 15-20 metri di altezza.

Nella Valle Arroscia, comune di Arnasco, valle Pennavaire, comuni di Nasino, Castebianco, Castelvecchio di Rocca Barbena, nel periodo di settembre, troviamo i Fichi figalini neri e i Fichi rondette.

Anche il Nocciolo è una coltivazione tipica ligure. Le varietà (cultivar) utilizzate negli impianti sono quelle rappresentative per le due zone a maggiore vocazione e che quindi caratterizzano il territorio. In particolare nella val Fontanabuona troviamo cultivar come la Del Rosso e la Dall'orto mentre in valle Sturla la cultivar più frequente è la Tapparona.

Per quanto riguarda gli ortaggi, nelle aree dove viene praticata, l'orticoltura è orientata verso colture tipiche e di qualità: il pomodoro "cuore di bue", il carciofo spinoso, l'asparago violetto di Albenga, i cavoli, gli spinaci, le zucchine, le insalate.  Nelle zone più interne è interessante la produzione di patate.

Tra i legumi tipici della regione Liguria troviamo il Fagiolo bianco di Pigna, presidio Slow Food, assieme a quello di Conio e Badalucco (tutti centri dell'imperiese). La pianta è giunta in Liguria nel XVII secolo dalla Spagna (approdato con le navi provenienti dal Nuovo Mondo), passando per la Provenza, e ha trovato qui il suo habitat ideale.

Il Fagiolo cannellino, che fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali, viene prodotto nella Val di Vara (La Spezia). Questo tipo di fagiolo è  una delle qualità "antiche" del luogo, conosciute e tramandate nelle famiglie da secoli. L'autoproduzione delle sementi garantisce tuttora il mantenimento delle caratteristiche dell'ecotipo autoctono.

Anche il Fagiolo cenerino fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali e viene prodotto sempre in Val di Vara. Il senerìn è un fagiolo rampicante, cioè ad accrescimento indeterminato. Tipici della valle dell'entroterra spezzino, vengono proposti ogni anno, insieme alle altre varietà, durante la manifestazione de "Gli orti di Pignone", la prima settimana di settembre. È una di quelle antiche varietà alla cui coltivazione si dedicano ormai solo pochi appassionati che ne custodiscono gelosamente il seme.

Il Fagiolo dell'aquila di Pignone è un fagiolo con l'"occhio": all'attaccatura germinativa presenta infatti una macchia di colore grigio cenere con striature scure. Il seme, di forma tonda leggermente schiacciata, è lungo circa cm 1,5. È un ecotipo "di vecchia data" e presente solo nel territorio di Pignone. La coltivazione avviene in terreni alluvionali e durante il ciclo vegetativo è necessaria l'irrigazione almeno tre volte alla settimana. Dopo la raccolta i baccelli migliori vengono selezionati e tenuti in serbo per la semina e il raccolto dell'anno successivo. La maturazione si completa con l'essiccazione dei fagioli sulle areate e soleggiate terrazze. I fagioli secchi vengono quindi conservati all'interno di contenitori ermetici in luoghi bui e asciutti. Il fagiolo dell'aquila, noto localmente anche come fagiolo dell'occhio per la macchietta che lo contraddistingue, è considerato un ecotipo autoctono, quindi non importato dalle Americhe, e già noto ai Romani e presente nella loro alimentazione.

Nel Comune di Borghetto Vara con centro di diffusione nella frazione di L'Ago, viene coltivato il Pisello nero di L'ago chepresenta, già durante la fase di levata, una particolare variegatura di colorazione violacea delle foglioline. Le notizie storiche sono legate soprattutto alla tradizione orale tramandata dagli abitanti. Questo prodotto della terra è estremamente legato ad un comprensorio povero, dove la tradizione vuole che fosse impiegato come valido elemento nutritivo, da consumare in zuppe e minestroni, per far fronte alla fame e alle esigenze di energia della popolazione contadina.

Un altro legume coltivato in Liguria è il Cece (si ricorda la tipica specialità locale a base di farina di ceci: la farinata).

Itinerari gastronomici

Partendo dalla provincia di La Spezia, è possibile scoprire le vigne delle Cinque Terre, nelle quali si producono i vini Doc 5 terre e lo Schiacchetrà: un pregiato vino passito Doc di colore ambrato, il più antico e raro della Liguria, ideale per accompagnare formaggi e dolci, il cui nome pare sia stato coniato dal pittore macchiaiolo Telemaco Signorini.Nell’entroterra di Chiavari raggiungiamo la zona di produzione del Golfo del Tigullio – Portofino, la Bianchetta e il Ciliegiolo, mentre verso Finale Ligure si trovano bianchi come il Pigato, il Vermentino, la Lumassina e nell’imperiese l’Ormeasco di Pornassio.
Ma è al confine con la Francia che si produce il vino più prestigioso della regione: il Rossese di Dolceacqua, Doc dal 1972. Altri universi appetitosi si stagliano nel territorio ligure, mettendo in luce un altro prodotto tradizionale che, secondo la tradizione, fu diffuso dai monaci Benedettini: l’olio di oliva. Noto per il suo sapore fruttato, caratterizzato da note dolci a Ponente e piccanti a Levante, è presente in questo luogo con ben sette varietà d’olivo, dalle quali si ottengono cinque tipi di olio extravergine, di cui tre Dop .All’interno dei frantoi si inerpicano tragitti interessanti, in cui l’orizzonte della produzione olivicola abbraccia scenari mozzafiato, curiosità e gusto.
L’Oliovinoturismo abbraccia la provincia di Imperia nei 129 km del percorso inerente la Strada dell’olio e del vino. Si attraversa allora l’altopiano delle Manie tra Spotorno e Finale Ligure, il Col di Nava in provincia di Imperia, si passa poi per Albenga, Andora, Mendatica .Palestre di roccia e antichi castelli si incontrano, ad esempio, attraversando l’itinerario che, da Finale Ligure conduce fino a Calice Ligure, lungo il quale si producono i vini Lumassina e Barbarossa. Obbligatoria una tappa a Orco Feglino, un piccolo borgo dove tutto ruota attorno al vino: dal grappolo d’uva presente sullo stemma del paese, alle trattorie che servono i funghi rossi su foglie di vite e pesche annaffiate nel Lumassina.L’itinerario che porta da Villanova D’Albenga ad Andora, passando per Garlenda, Casanova Lerrone, Testico e Stellanello, si attorciglia tra le gole, le falesie e la macchia mediterranea. Importanti, dal punto di vista enogastronomico, sono le tappe a Casanova Lerrone, dove si possono fare escursioni tra pinete e uliveti e degustare il tipico vino Pigato con il quale si prepara anche un gustoso coniglio, e a Stellanello, celebre per la produzione di un olio di oliva al quale è dedicata anche una festa.Infine, dall’antico insediamento agricolo di Ortovero, noto per la produzione dei vini Pigato e Tossese, a Pieve di Teco, si srotola un percorso che attraversa il fondovalle dell’Arroscia, toccando anche Ranzo, Borghetto D’Arroscia e Vessalico.