LOMBARDIA

È un portale di prodotti tipici della Lombardia, un viaggio gastronomico e culturale di gusti e sapori tutto da scoprire. Vini, oli, formaggi che nascono dalla natura e crescono con l'uomo in una vasta varietà di ambienti geologici caratteristici. Situata nell’Italia nord-occidentale, la Lombardia si estende dalle Alpi alla bassa Pianura Padana e dà vita a una vasta gamma di paesaggi.
Di particolare fascino è lo scenario della catena alpina con la Valchiavenna, la Valtellina e la Valcamonica. Inoltre i grandi laghi: il versante occidentale del lago di Garda, con Sirmione e altre rinomate località, è una meta turistica di forte richiamo; di estrema bellezza sono anche il Lago di Como e il Lago Maggiore, circondato da ville nobiliari, parchi e incantevoli borghi.
Tipiche della regione sono le grandi distese pianeggianti della bassa Pianura Padana coperte da specchi d’acqua e coltivate a risaie: è il paesaggio tipico della Lomellina, la terra delle mondine, ricca di folclore e tradizioni. Favorita dalla particolare posizione geografica e dalle risorse del suolo, la Lombardia è una terra particolarmente ricca dove natura, storia, arte e cultura si fondono armoniosamente con innovazione, tecnologia, moda, divertimento, modernità.
Il "prodotto tipico" è un prodotto agricolo o agro-alimentare le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo e legate a particolari zone geografiche che per le loro peculiarità ambientali, sociali e storiche ne fanno un qualcosa di unico nel suo genere, con una differenziazione qualitativa riconosciuta a livello locale.
In Lombardia circa 30.000 ettari sono coltivati a vigneto e si spandono su oltre 24.000 kmq di superficie regionale, per metà pianeggiante, montuosa per un ulteriore 40%. Poco più del 10% della superficie è collinare, e pertanto si presta a viticoltura di qualità. La viticoltura lombarda è sempre stata caratterizzata da una grande diversificazione delle zone produttive, che si distinguono per condizioni climatiche e geografiche: una ricchezza che si estende dai versanti terrazzati della Valtellina, alle aree moreniche dei laghi Garda e Iseo, per raggiungere i colli appenninici dell'Oltrepò Pavese e la bassa padania. Le varie zone vitivinicole presentano caratteristiche diverse, sia dal punto di vista pedoclimatico che da quello ampelografico.
In Valtellina i vigneti si trovano alle pendici delle montagne, sul lato destro dell'Adda, dove la luce del sole riesce a far maturare i grappoli, mentre le viti sono coltivate in terrazzamenti spesso al limite dell'altitudine massima che ne permette lo sviluppo. Il vitigno principale è il Nebbiolo che dà origine allo Sforzato di Valtellina DOCG, vino ottenuto mediante parziale appassimento delle uve, e al Valtellina Superiore DOCG. Altri autoctoni sono la Pignola Valtellinese, la Rossola, la Brugnola, tutti a bacca rossa. L'Oltrepò Pavese, zona tra le province di Pavia ed Alessandria, è sempre stato conosciuto per massicce produzioni di vini rossi a consumo prevalentemente regionale. Il vitigno più diffuso è il Barbera, seguito da Croatina, Bonarda e Uva Rara. Una menzione particolare merita il Pinot Nero, per il quale l'Oltrepò Pavese si è recentemente affermato come una regione di eccellenza, usato sia per la produzione spumantistica (Oltrepò Pavese DOCG).
I vini bianchi sono ottenuti con uve Riesling Italico, nonché con Moscati e Malvasie. La Franciacorta, nella zona del Lago di Iseo, è nota per la coltivazione di vitigni Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay. Anche questa è una zona nota per la produzione di spumante metodo classico (Franciacorta DOCG). La zona del Garda e dei Colli Mantovani produce vini a base di Groppello, Barbera, Marzemino e Sangiovese. La Lombardia vanta ben 5 vini Docg e 23 a denominazione Doc.
La storia dell’olivo è lunga e da sempre accompagna lo sviluppo della civiltà mediterranea e in particolare del nostro paese. In epoca romana si attribuiva grande importanza all’olivo, tanto che proprio allora furono ideati e costruiti i primi strumenti per la spremitura delle olive e i primi metodi per la conservazione dell’olio, inoltre l’olio veniva anche usato come medicamento. Fu grazie ai monasteri e alle loro grandi proprietà terriere che la coltura dell’olivo riuscì a sopravvivere, sino a ritrovare nuovo impulso nel medioevo.
In Lombardia la coltivazione dell’olivo nasce in epoche davvero antiche: nelle zone del Sebino (o lago di Iseo) e del Lario (o lago di Como) l’olivicoltura affonda la sue radici in epoca preromana, come dimostrano anche numerosi ruderi di frantoi ritrovati sulle pendici di questi laghi. Ancora più antica e famosissima è la tradizione degli uliveti del lago di Garda: alcuni noccioli sono stati ritrovati in ciotole e vasi dell’età preistorica del bronzo, i ruderi di frantoi scoperti risalgono all’epoca romana e già in epoca medievale l’olio di qui era particolarmente noto perché prodotto alla latitudine più a nord in assoluto al mondo. Anche diverse opere letterarie, di Catullo in età romana, fino a Goethe e D’Annunzio in secoli più recenti, testimoniano la rilevante presenza dell’olivo sulle pendici attorno al lago di Garda.
In Lombardia esistono due tipologie di Olio d’oliva extravergine di qualità certificata DOP: l’olio d’oliva dei Laghi Lombardi e quello del Garda.
La produzione dell’olio comincia durante autunno inoltrato, quando con il paesaggio cambia anche il colore delle olive: da verde-giallognola la superficie comincia a macchiarsi di chiazze rossastre. È la fase dell’invaiatura, a cui corrispondono l’inizio della vera maturazione e la formazione dell’olio nella polpa. La frangitura viene eseguita utilizzando la molazza (la tradizionale macina con le grandi ruote in granito) o impiegando moderni frangitori a martelli.
Per legge, l’olio d'oliva extra vergine è l’olio di gusto perfetto e con bassa acidità, che si ottiene semplicemente dalla spremitura delle olive. Non subisce nessun trattamento di tipo chimico e conserva tutto il suo patrimonio di vitamine e di aromi.
Casaliva, Frantoio, Leccino, Pendolino e Sbresa… sono le principali varietà di olive che ogni anno in Lombardia durante la stagione autunnale, ci regalano quello che già Omero definiva “oro liquido”. L’olio d’oliva, infatti, nasce sull’albero ed è dalla perfezione dei frutti, colti al giusto grado di maturazione, che dipende la sua qualità. Tutte le operazioni che seguono la raccolta hanno il solo scopo di arrivare a estrarre, senza rovinarlo, ciò che la natura ha creato, preservandone l’integrità ed esaltandone l’aroma.
La denominazione di origine controllata “Laghi Lombardi”, accompagnata dalla menzione geografica “Lario”, è riservata all’olio ottenuto dalle varietà di olivo: Frantoio, Casaliva e Leccino in misura non inferiore all’80%. Possono concorrere altre varietà presenti negli oliveti in misura non superiore al 20%. Presenta colore verde-giallo, odore fruttato medio-leggero, sapore fruttato con alcune note di fondo piccanti e amarognole.
La cultivar principale con cui si ottiene l'olio extra vergine d'oliva Garda D.O.P. è la Casaliva, varietà autoctona del lago di Garda. Congiuntamente alla varietà Casaliva le altre storiche cultivar sono il Leccino, il Rossanel, la Raza, il Moraiolo, il Pendolino e il Frantoio. La denominazione di origine Garda è accompagnata da una delle seguenti menzioni geografiche aggiuntive: "Bresciano", "Orientale", "Trentino". Presenta bassa acidità, è caratterizzato da un profumo fruttato e da un sapore delicato, aromatico, con leggero retrogusto di mandorla dolce; talvolta può risultare lievemente piccante e amarognolo.
La Lombardia è una delle regioni più importanti per quanto riguarda il panorama caseario italiano. È proprio dalla Lombardia che provengono alcuni dei formaggi italiani più famosi in tutto il mondo. Infatti, come molte altre regioni del nord Italia, può vantare una grande tradizione casearia contando ben 58 tipi di formaggio diversi. I formaggi tipici della Lombardia vengono prodotti in particolar modo tra le Alpi ed il Ticino. Qui vengono allevate mucche che forniscono un latte di prima qualità dal quale si ricavano ottimi derivati, primo fra tutti il burro che è il condimento principe della regione lombarda. I formaggi, dal gusto inconfondibile, sono presenti sulle tavole di tutta Italia.
Tra i formaggi tipici lombardi, giusto per citarne qualcuno, troviamo la Robiola ed il Taleggio della Valsassina, il Bitto della Valtellina, il Formai de Mut dell'Alta Val Brembana, lo Stracchino, il Grana di Lodi, il Quartirolo ed il Mascarpone, formaggio cremoso derivato da Fiordilatte. Re incontrastato dei formaggi lombardi è però il Gorgonzola, che prende il proprio nome dall'omonima cittadina poco distante da Milano. Questo formaggio dal gusto intensissimo, ottimo come condimento di primi piatti, con la polenta o anche da solo, nacque proprio in questa cittadina, dove una volta si fermavano a riposare le mandrie di mucche provenienti dagli alpeggi del nord.
Nutrito e vario è l'elenco dei salumi prodotti in Lombardia, spesso con nomi identici ma con sapori molto differenti a seconda della città di produzione La Lombardia vanta una ricchezza di prodotti che spazia dalla Bresaola della Valtellina, ai vari salumi ricavati dall’oca della Lomellina.
Fra le preparazioni che hanno il riconoscimento DOP o IGP si possono menzionare: il Salamino alla cacciatora, il Salame Brianza che nell'800 aveva in piazza Duomo a Milano uno dei principali luoghi di vendita, il Salame di Varzi, il Salame Cremona. Il Salame Milano o Crespone (le cui origini risalgono all'epoca degli Sforza e dei Visconti, simile all'Ungherese ma con drogatura leggermente meno speziata), la Coppa mantovana, la Mortadella di fegato, la Luganega, sono salumi derivanti da una tradizione artigianale variegata, che esalta le carni più diverse, affinate in zone caratterizzate da condizioni climatiche altrettanto varie: dalla Bassa padana alle aree montane.
Da consumare crudi ma anche cotti, gli insaccati lombardi si declinano in un ampio spettro di sapori, con prodotti a pasta dolce e morbida, irrobustiti da grani di pepe, e arricchiti da macinati insaporiti di spezie (cannella, noce moscata), oppure aromatizzati con vino o addolciti di zucchero.
La Lombardia è una delle regioni a maggiore vocazione zootecnica bovina con circa 15 mila aziende e 1,5 milioni di capi allevati. Considerando il settore carne, alimentato sia dagli allevamenti da latte, sia da allevamenti di razze specializzate, si perviene ad un panorama zootecnico di notevole varietà, seppure numericamente le più rappresentate siano le principali razze da latte. In pianura domina la Frisona Italiana; la razza Bruna mantiene un ruolo importante nelle aree prealpine e montane della regione. La presenza di altre razze in Lombardia sta a dimostrare un aspetto importante, ovvero che, oltre alle logiche del reddito, ci sono logiche che vanno oltre, queste sono le ragioni della tradizione e della passione, del legame con il territorio e il piacere di allevare una razza particolare. Ecco quindi la presenza di allevamenti ben gestiti, che danno reddito, ma che con le sole regole del mercato non avrebbero motivo economico di stanziare sul nostro territorio. Per fare alcuni esempi l'allevatore che si appassiona alla Jerseyper le caratteristiche del suo latte, o l'allevatore di Varzese che, valorizzando la tradizione, alleva un animale autoctono ed in questo modo opera un’azione a favore delle razze in via di estinzione.
La tradizione ovina della Lombardia, consolidatasi da centinaia d’anni, è basata sulla produzione di carne e lana ottenute principalmente da pecore di razza Bergamasca che vengono allevate per l’80% in grosse greggi transumanti, mentre il restante 20% sono allevate stanzialmente o semi-stanzialmente in gruppi che raggiungono numeri più contenuti. La pecora svolge in Lombardia anche un ruolo nella salvaguardia del territorio, sia in pianura nelle zone demaniali e marginali, che in montagna dove con la tendenza alla diminuzione di altri animali monticanti si stanno creando zone ad alto rischio ambientale.
La suinicoltura lombarda risulta essere la principale fornitrice di suini da macello pesanti che rappresentano la materia prima per la trasformazione nei tipici prodotti italiani da salumeria, siano essi prosciutti o insaccati. Non di meno, pur essendo la produzione dei suini da macello basata sull'utilizzo di incrocio, le razze pure rappresentano un anello fondamentale della piramide produttiva e dalle attività di miglioramento selettivo sviluppate sulle razze pure dipende gran parte della "qualità" ottenibile nel prodotto finale. Nella generalità dei casi possiamo dividere le razze pure in due grandi categorie: razze da linea femminile e razze da uso terminale. Della prima categoria fanno parte la Landrace e la Large White. Le cosiddette razze "terminali" sono la Duroc, la Large White di tipo terminale per le produzioni di suini da industria, nonché la Landrace Belga e la Pietran per le produzioni di suini leggeri da consumo fresco.
Anche la carne di cavallo è molto diffusa in Lombardia, dove esistono molte ricette tipiche e molte macellerie equine specializzate nella macellazione del cavallo.
La Lombardia è terra di grande produzione e tradizione di riso che riveste nella tavola dei lombardi un ruolo importante. Questa regione vanta tuttavia nella sua cucina diverse varietà di pasta, soprattutto fresca e ripiena. I Bigoli nascono contemporaneamente nel Veneto e nelle province di Brescia e Mantova. Mentre l’influenza dell’Emilia si rileva soprattutto nelle paste ripiene, da Cremona a Mantova, con la produzione di Marubini (particolari agnolotti), di Casonsei, tipici ravioli del bergamasco, dalla particolare forma a caramella, mentre dalla Valtellina vengono i famosi Pizzoccheri impastati con grano saraceno.
Numerose testimonianze storiche sono fedelmente riportate da un cuoco nato a Como nel XV secolo, Maestro Martino autore del Libro De arte coquinaria, dove sono riportate per la prima volta, le versioni ufficiali di numerose ricette tipiche.
I Bigoli sono spaghetti fatti in casa con un torchio detto “bigolaro”, da cui prendono appunto il nome. Si tratta di un tipo di pasta di origine antichissima, che qualcuno fa risalire addirittura al ‘300, tipica della cucina mantovana, ma anche bresciana e veneta. I Marubini consistono in una pasta all’uovo farcita con un ripieno di carne e formaggio grana grattugiato. In realtà il ripieno varia molto da famiglia a famiglia, in ogni contesto infatti esiste una variante che personalizza il prodotto e che in certi casi prevede l’impiego di cervella, uova, sale, noce moscata, prezzemolo e pepe. Nel mantovano si propongono con un ripieno di stracotto di bue, salamelle di maiale, fegatini di pollo, uova, sale, pepe, zenzero, cannella, chiodi di garofano. Si considerano, per le loro caratteristiche, una variante locale degli Anolini e sono tipici del cremonese.
Anche i Casonsei sono un tipo di pasta fresca farcita, ripiena con un composto di carne ed erbe oppure di patate, erbette, pane e grana grattugiato, salsiccia, mortadella, uova e prezzemolo. La sfoglia è fatta con uova e farina e viene chiusa a mezzaluna se ottenuta da un quadrato, o a caramella, se resa da un rettangolo. La loro origine è contesa tra le province di Bergamo e Brescia.
I Pizzoccheri sono tra i piatti che maggiormente caratterizzano la cucina lombarda. È un particolare formato di pasta corta a sezione rettangolare di grano saraceno, farina di grano tenero e acqua. Vengono lessati e poi conditi con coste, verze e patate e poi con burro fuso aromatizzato alla salvia e ad un formaggio locale. Sono tipici della Valtellina e in particolare della zona di Teglio.
Il territorio lombardo, grazie alla diversità del territorio, costituito da zone montane, collinari e pianeggianti, offre fioriture abbondanti per le api durante gran parte dell’anno. Nella stagione primaverile, in pianura e sui primi rilievi, soprattutto delle province di Bergamo e di Brescia, fiorisce il Tarassaco, dal quale le api ottengono un miele molto particolare. Lungo le rive dei fiumi, presso gli argini dei canali e ai confini dei campi, cresce spontaneamente la Robinia, che fiorisce a maggio, una tra le specie più importanti per l’apicoltura lombarda. L’Ailanto, da cui si ottiene un miele non di facile reperibilità, si è diffuso rapidamente, negli ultimi anni, in pianura e nei fondovalle alpini e prealpini. Salendo sui primi rilievi, si osserva una più ampia diffusione della Robinia, sia nell’Oltrepò sia in tutta la fascia prealpina. In queste stesse zone boschi naturali, castagneti, frutteti e vaste distese di prati sono la base per mieli uniflorali di Castagno, Tiglio e Millefiori, che vanno ad aggiungersi a quello pregiato di robinia. Il Castagno fiorisce all’inizio dell’estate. Diffuso fino a 700-800 m di quota, oltre a fornire un ottimo miele di colore ambrato e dal gusto amaro, costituisce la base per eccellenti produzioni di millefiori, insieme con altre varietà botaniche come trifogli, rosacee (rovo, sorbo, pruno selvatico, biancospino) e tiglio. Soprattutto nelle province di Como e Lecco il Tiglio regala un miele monoflorale dalle caratteristiche mentolato-balsamiche, note che più facilmente ritroviamo nei mieli millefiori, unite a quelle amarognole del castagno o quelle fruttate del rovo. I territori montani e alti montani offrono alle api boschi di Tiglio selvatico, spesso frammisti ad Acero e Sorbo, macchie di Erica e Mirtillo, siepi di Rovo, Lampone e Ginestre, oltre alla variegata flora dei prati di montagna. Salendo, troviamo distese di Rododendro e flora alpina dei pascoli. Il rododendro dà un miele molto pregiato, dalle delicatissime e caratteristiche note floreali-fruttate. Nel versante retico della Valtellina, nella zona dell’Alto Lario e nel Garda si trovano mieli con presenza dell’Erica arborea, che conferisce al miele un gradevole aroma di caramello. Nelle province di Como, Varese, Brescia, ossia nelle zone maggiormente urbanizzate e con clima mitigato dall’influenza dei bacini lacustri, le specie ornamentali sono buone produttrici di nettare, come le Magnoliacee e l’Ailanto. Terminiamo con il miele di melata prodotto da Metcalfa pruinosa, un miele scuro ricco di sali minerali. Oggi, quindi, non si parla più di miele al singolare, ma di mieli che possono essere uniflorali o millefiori. Il miele uniflorale proviene principalmente da un’unica specie botanica ed è sufficientemente caratterizzato sia dal punto di vista organolettico sia dalle analisi microscopiche. Sono proprio le diverse caratteristiche di gusto, legate al differente nettare di partenza, ad attirare l’interesse di un consumatore sempre più attento. La produzione di mieli uniflorali è possibile quando sul territorio si trova grande quantità di una stessa varietà botanica in zone abbastanza estese. Varie sono le tecniche per incrementare la loro produzione e il grado di purezza. Le caratteristiche organolettiche, sia per i mieli uniflorali che per i millefiori, variano di anno in anno: il clima diverso e lo stesso “lavoro delle api” possono modificare leggermente il gusto del prodotto finale.
Le confetture sono quei prodotti preparati con uno o più tipi di frutta (ad eccezione degli agrumi), ottenuti impiegando almeno il 35% di polpa di frutta; per le confetture extra il minimo di polpa di frutta è rappresentato dal 45%. Il termine "marmellate" invece si riferisce a conserve di frutta preparate esclusivamente con purea, polpa e succo. Nell'uso comune i due termini sono equivalenti e vengono utilizzati come sinonimi. Grazie all'abilità dei produttori lombardi, questi frutti della terra danno vita a vere e proprie specialità quali le marmellate artigianali, prive di conservanti e coloranti, le cui lavorazioni seguono metodi e ricette antiche e naturali e proprio per questo motivo i prodotti conservano il sapore della "tradizione lombarda", semplice e genuina.
Nella pianura bresciana, ad esempio, si produce la cotognata, una composta solida che si taglia a fette. La ricetta per la sua preparazione, che include ovviamente le mele cotogne, si tramanda da decenni da madre in figlia ed è una specialità molto diffusa e molto amata sia nella versione senapata che dolce. Nelle famiglie bresciane la cotognata faceva parte dei dolci tradizionali da preparare per l’arrivo di Santa Lucia, il 13 dicembre.
Tra le confetture si può annoverare anche la Mostarda: prodotto molto diffuso in Italia settentrionale, realizzato con diversi ingredienti a seconda della zona. Nella sua ricetta più essenziale, essa consiste di frutta, zucchero ed essenza di senape, solitamente molto piccante. In Lombardia troviamo la Mostarda Mantovana, con mele cotogne, eventualmente anche con pere; è usata come ingrediente nei tortelli di zucca nelle zone del mantovano e la Mostarda Cremonese, una miscela di frutta candita e sciroppo con una percentuale di zucchero del 50-60%, con l'aggiunta di olio essenziale di senape. Usualmente si utilizzano ciliegie, pere, mele cotogne, mandarini, fichi, albicocche, pesche.
Condire significa rendere un cibo più piacevole e saporito mediante l'aggiunta di uno o più elementi, come ad esempio l’aceto o l’olio o il succo di limone. Il condimento può anche essere un intingolo costituito da più ingredienti.
I condimenti comprendono anche gli oli aromatizzati, salse e purè. Il tartufo, ad esempio, si presta bene sia per preparare salse e purè, prodotti che trovano un ottimo utilizzo come base per antipasti, per insaporire primi piatti o pietanze, o per aromatizzare l'olio extra vergine di oliva (prodotto tipico e pregiato in Lombardia), da utilizzare per condire legumi, paste e sughi, per marinare carne o pesce prima di cuocerli alla griglia; ottimi per le insalate.
Una salsa, di consistenza soffice, tipica lombarda è la Peverada, ottenuta facendo frullare farina, peperoncini, aglio, sedano, capperi, acciughe, buccia di limone, assieme a rossi d'uovo e diluendo con olio e aceto aromatico versati poco per volta, insaporita con noce moscata, pepe e sale. Anche Il gras pestà, cioè il battuto di lardo di maiale, è ingrediente tipico della cucina povera lombarda. Veniva utilizzato per il condimento di pappe e minestre, per la cottura di legumi e di patate arrosto e spesso costituiva l'unico apporto non vegetale in un regime alimentare povero di grassi e di proteine animali.
La parola "conserva" deriva dall'incontro di due parole. Dal latino: "cum serbare" = "tenere con", "custodire insieme", in sostanza preservare e mantenere inalterato.
Le conserve alimentari sono ogni varietà di ortaggio conservato in vari modi per poter essere mangiato anche fuori stagione. Sin dai tempi antichi venivano preparati in casa dalle massaie e conservati per essere consumati quando non se ne trovavano freschi. Con l'avvento dell'industria alimentare, dalla metà del XIX secolo, si iniziò la produzione industriale di conserve alimentari. Fra le prime in assoluto si possono considerare le conserve di pomodoro, successivamente vennero prodotte le confetture di frutta e quindi ogni tipo di prodotto conservato, a seconda del tipo, sottolio o sotto aceto, in quanto questi ultimi riescono a prolungare e insaporire al contempo i vegetali e gli ortaggi.
Le conserve sono quindi dei prodotti alimentari (soprattutto verdure, ortaggi, olive, funghi), frutto di più o meno complesse lavorazioni volte a prolungare nel tempo le caratteristiche organolettiche delle materie prime di cui sono composte. In particolare con il nome di conserve alimentari si vogliono identificare tutti quei prodotti che, dopo esser stati sottoposti ai processi di mantenimento, possono essere consumati dopo molto tempo dalla data di invasettamento degli stessi.
Le conserve alimentari sono tipiche in Lombardia, da sempre nelle tavole dei nostri avi. La tipicità artigianale delle conserve consiste nel fatto di reperire alimenti freschi prodotti nella regione e trattarle facendo sì che conservino i profumi e i sapori delle materie prime fresche, cucinate sapientemente e con materie prime selezionate artigianalmente.
I metodi lavorazione artigianali escludono assolutamente l’uso di additivi chimici, conservanti sintetici e prodotti semilavorati di alcun tipo. Le verdure sono conservate solo in olio di oliva ed extravergine di oliva, un ingrediente prezioso che esalta e custodisce nel tempo il sapore delle verdure come fatte in casa, o sotto aceto. Ottime come antipasto per stuzzicanti bruschette e per arricchire le insalate. Ideali come contorni a carni e formaggi, o trattandosi di paté, gustosi su crostini o su arrosti o come condimenti per la pasta.
Tra le specialità varie lombarde, possiamo considerare innumerevoli tipi di Salse e Preparati a base di prodotti tipici. Si tratta di specialità fatti con antiche ricette, volti a mantenere ancora i buoni sapori di una volta. La salsa è una preparazione di cucina o di pasticceria, formata da un legante e da un sapore e/o da aromi e/o spezie, con consistenza pastosa, cremosa o semiliquida. La salsa ha come scopo quello di legare tra loro alimenti diversi e dargli una consistenza più compatta e uniforme per accompagnare carni, pesci, pasta, verdure e dare sapore, condire, esaltare le caratteristiche organolettiche della vivanda. Tra le più classiche salse lombarde si possono sicuramente nominare le creme, i patè e le salse tartufate. Altri prodotti sono i condimenti aromatizzati al tartufo, i preparati misti essiccati di varie spezie, quali aglio e peperoncino, e ancora i ragù.
Un prodotto abbastanza nuovo, con un mercato in continua crescita è rappresentato dalla yogurt, ottenuto da latte fresco intero pastorizzato, con fermenti lattici vivi, concentrati di aromi vari, zucchero locale. Può essere prodotto al gusto di albicocca, amarena, ananas, banana, caffè, castagna, cocco, fragola, frutti di bosco, kiwi, lampone, liquirizia, mandarino, mela verde, melone, menta, miele, mora, naturale, pera, pesca, vaniglia. Nate intorno alla metà degli anni '90 su un’idea importata dagli Stati Uniti, le yogurterie sono presenti in discreto numero nelle città medio-grandi (spesso abbinate a gelaterie, pasticcerie, caffè) e nelle località turistiche, dove l’apertura il più delle volte è stagionale.
La Porchetta è una specialità prodotta in un po' in tutta la regione Lombardia, con alcune varianti locali legate all'uso di spezie o erbe diverse, e consiste in una specie di prosciutto ottenuto da un maiale di un anno. La si può trovare in osso o disossata a forma cilindrica. Presenta internamente una colorazione bianchiccia, con delle parti in cui è evidente la speziatura, mentre esternamente si presenta dorata. È molto fragrante, saporita e gustosa. Non è un alimento grasso, poiché, nella fase di cottura, proprio i grassi vengono sciolti dal calore e raccolti in speciali vaschette. Va servita fredda e, nonostante sia priva di additivi e conservanti, rimane saporita e fragrante almeno per due settimane se mantenuta in luogo refrigerato. La porchetta è un alimento che si adatta bene ad accompagnare sia banchetti e feste, sia uno spuntino veloce con del pane e un bicchiere di vino.
Il pane fresco artigianale ha una storia, poiché è fatto per lo più con farine che provengono dal territorio e non conosce additivi per migliorarlo, che sono necessari per reggere i processi di surgelazione e di confezionamento della grande distribuzione. Quello che distingue il pane industriale da quello tipico è il tipo di lavorazione e il lievito. Infatti spesso viene impiegato il lievito madre, che può essere un pezzetto di pasta della precedente lavorazione oppure un impasto a base di farina, acqua e zuccheri che, mescolati tra di loro, fermentano spontaneamente, producendo anidride carbonica, da cui la lievitazione naturale. Il pane artigianale è più digeribile e ha un buon profumo e rappresenta il 75% del consumo totale di pane.
Tra i pani tipici lombardi, la “Michetta” è certamente il pane più famoso e diffuso nella regione Lombardia. Fatto con farina di grano, questo panino si riconosce grazie all'incisione a stella con cappello centrale che viene fatta in superficie sulla crosta facendolo aprire a forma di rosa e prendendo quindi il nome di Rosetta. La crosta leggermente dorata, quasi priva di mollica, è un'ulteriore caratteristica che distingue la Michetta dagli altri pani. Al Panon è tra i pani storici della regione, fatto con farina di grano tenero, dalla forma squadrata con un taglio centrale, pesa circa 300 grammi. Viene consumato quotidianamente dalla maggior parte delle famiglie lombarde, specialmente nel cremonese e mantovano, luoghi di origine di questo pane. La Ciabatta, diffusa in tutta la Lombardia, è un pane a base di farina bianca, dalla consistenza molto simile alla Michetta, ma di forma più grande. Il pane Mantovano, dal cui nome si può intuire facilmente il suo luogo di origine, è tra i pani più antichi che i fornai locali portano avanti ormai di generazione in generazione. Croccante la sua crosta e soffice la sua mollica, ne danno un sapore non troppo saporito. Abbiamo poi il Pane Maggiolino, uno dei panini più diffusi della regione, il Pan Méino, tipico pane dolce che un tempo veniva anche chiamato "pan de mej" ovvero "pane di miglio", il Pane di Como, molto noto per le sue qualità è divenuto nel tempo il pane quasi leggendario di tutto il nord Italia. La sua fragranza dovuta all'impasto spesso fatto a base di biga, lo annovera tra i pani più buoni della nazione, il Pane Busella, classico pane del bergamasco.
Oltre al pane, nei forni lombardi possiamo trovare altri prodotti tipici quali vari tipi di biscotti e dolci, spesso legati alle festività. Il Pan Meino (o pan de mej) è un tipico dolce lombardo; il suo nome deriva dalla parola miglio, ingrediente molto usato in antichità e che, mischiato ad altre farine, serviva per produrre il pane. Con il tempo, il normale pane di miglio, si trasformò in un delicato dolce zuccherato che, secondo la tradizione, veniva preparato il giorno di San Giorgio, data antica in cui si stipulavano i contratti per la fornitura di latte tra mandriani e lattai. Il giorno di San Giorgio, data in cui fiorivano i sambuchi, si solennizzava quindi l’antico patto preparando il pan de mej cosparso di fiori di sambuco e i lattai, per l’occasione, regalavano ai propri clienti la panna liquida per accompagnare questo delizioso dolce, abitudine che continuò a persistere nel tempo.
L’Amor polenta è un dolce tipico in particolare della città di Varese, dove viene ancora preparato secondo tradizione nelle pasticcerie, nei caffè, nei panifici e nelle gastronomie; proprio per questo motivo l’Amor polenta viene anche chiamato “Dolce di Varese” . La particolarità dell’Amor polenta sta, soprattutto, nell'utilizzo del classico stampo scanalato all'interno pensato e realizzato appositamente per la preparazione di questo dolce. L’ingrediente principale dell’Amor polenta è la farina di mais macinata finemente, utilizzata solitamente per la preparazione della polenta, che trova un impiego abbastanza inusuale ma sicuramente ben riuscito in questo dolce.
La Torta delle rose è un dolce lievitato tipico della città di Mantova. Semplice da realizzare, ad eccezione della lunga lievitazione della pasta, la torta è composta da un impasto lievitato tradizionalmente farcito di crema al burro. Le origini sono molto antiche e risalgono alla fine del 1400: si dice che questa torta sia stata realizzata per la prima volta in occasione delle nozze di Isabella d’Este con Francesco Gonzaga Duca di Mantova. Questa torta, creata dai pasticceri dei Gonzaga con pochi e semplici ingredienti, spiccava per via della forma a boccioli di rosa che stavano a rappresentare il fiorire della bellezza e della gentilezza di Isabella allora appena sedicenne. Il dolce è divenuto a tutti gli effetti parte della tradizione gastronomica mantovana ed è ancora realizzata con la ricetta originale. Grazie alla sua somiglianza con un mazzo di rose la torta è preparata in occasione della Festa della Mamma ma può essere confezionata in generale come un omaggio alla bellezza femminile.
Seppur vicina a Cremona, Crema vanta un suo speciale dolce di Natale: la Spongarda, un pane dolce di lunga conservazione, speziato, arricchito di frutta secca legata dal miele che unisce mele, nocciole, cedro candito, uva sultanina e spezie; sembra fosse particolarmente gradito a Matilde, figlia di Bonifacio di Toscana, signore di Crema nell’XI secolo.
Il Pantramvai è il dolce tipico della Brianza: un prodotto da forno a pasta morbida e a lievitazione naturale, che si comprava, all’inizio del secolo scorso, con il resto del biglietto del tram, la cui prima linea fu appunto la Milano-Monza nel 1899. Il Pantramvai è un prodotto da forno a pasta morbida, a lievitazione naturale, avente una tipica forma rettangolare, dovuta allo stampo di cottura a vaschetta che rimane attaccato al prodotto finito, venduto come pane con le uvette.
In Valtellina c'è la Bisciola, detta anche Besciola o Pan di Fich, degustata anche al posto del classico panettone, risulta essere meno morbida di quest’ultimo, ma ben più sostanziosa. Si tratta di una pagnotta di grano saraceno arricchita da castagne, frutta secca, uvetta, fichi e noci e presenta un profumo delicato e un sapore di frutta. Ottima guarnita con crema allo zabaione. Nella zona di Lecco, la Bisciola ha qualche piccola variazione rispetto alla Valtellina.
A Como, il simbolo della festa è la Miascia, fatta con pane raffermo, farina bianca e gialla, frutta fresca e secca. A Bellagio, invece, nasce il Pan mataloch è un pane dolce, che si presume risalga ai tempi della dominazione spagnola in Lombardia. Esso ricorda per forma il pan tranvai, ma ha un impasto molto più ricco, simile a quello del panettone; il mataloch, infatti, si prepara con farina, zucchero, burro, uova, miele, lievito, uva sultanina, canditi di cedro e di arancia, noci, nocciole e fichi secchi. Il particolare aroma di anice che caratterizza questo dolce gli deriva dai semi di finocchio che compaiono nel suo impasto.
Il Panettone di Bergamo si chiama "polenta e osei": una ricetta del secolo scorso che accompagna un dolce a pasta morbida con dolcetti di cioccolato e pasta di mandorle. Si tratta di una cupola fatta di pan di spagna imbibito di liquore all’arancia ricoperta di pasta di mandorle gialla a ricordare la vera polenta e sopra uccelletti di cioccolato o marzapane a guarnire. E per dare l’idea del sugo intorno agli uccelletti c’è chi mette anche della marmellata. A inventare questo dolce fu a metà dell’Ottocento un pasticciere: la sua specialità ebbe subito grande successo probabilmente perché rimandava a un cibo come la polenta molto popolare nelle tavole dei contadini.
La Bossolà è una ciambella casalinga della tradizione di Brescia, che nella ricetta originale prevede tre impasti e le stesse elaborate tecniche della lievitazione del panettone milanese. La Tortionata è il dolce che più caratterizza il territorio di Lodi. È una torta di mandorle che vanta antiche origini: la ricetta è stata codificata nel 1885 da un pasticcere lodigiano ma presumibilmente risale al tardo Medioevo, avendo le caratteristiche tipiche dei dolci dell'epoca: la forma tonda, la presenza di mandorle, la mancanza di lievitazione che la mantiene bassa, la morbidezza nonostante sia una torta secca; con ogni probabilità all'epoca, per la scarsità di uova, gli ingredienti venivano legati col miele. Da questa zona arriva anche la perfetta compagna del panettone milanese, la Crema lodigiana, che unisce zucchero e liquore al mascarpone prodotto a Sud di Milano, da colare a gran cucchiaiate sulle fette del dolce milanese.
A Pavia non può mancare la Torta paradiso, inventata oltre un secolo fa da un vero pasticcere locale, al quale fu commissionata dal Marchese Cusani Visconti. Dopo numerosi esperimenti in cucina, si raggiunse l'equilibrio perfetto in un dolce speciale, tanto speciale che una nobildonna, assaggiandolo, esclamò: “Torta del Paradiso!”. Sulla tavola di Natale anche le Ofelle di Parona (frollini al burro) e quelle di riso, accompagnate da zabaione caldo.
Gli Amaretti di Saronno sono di casa nella provincia di Varese, famosi ormai in tutto il mondo e gustati magari proprio con l'omonimo liquore dolce. Ogni amaretto ha stampato nella crosta le dita dell'artigiano che lo modella. È pasticceria secca caratterizzata da un cuore morbido, protetto da una crosta leggermente più fragrante.
A Busto si conserva la tradizione della biscotteria d'epoca cortese: i Mustazzitt, i Cupett, le Giromette. Il Dolce Induno è una ricetta originale con fichi, uvette, farina di castagne e pastafrolla.
La pasticceria è un’arte vera e propria, che si impara con cura e dedizione o si tramanda tra generazioni. Riuscire a realizzare e a decorare un dolce a opera d'arte non è una cosa semplice, occorre saper miscelare, dosare, unire, separare e avere una grande sensibilità. Se si entra nello spazio di un pasticciere, si ha la sensazione di varcare la soglia di un laboratorio magico, pieno di segreti e passioni. L’attività di pasticceria è dedicata alla preparazione di alimenti dolci o salati, quali paste farcite, pasticcini, torte, biscotti, praline, cioccolatini, canditi e simili. I dolci di frutta oleaginosa sono spesso legati con miele, caramellato o meno, e comprendono tutti i dolcetti di mandorle, i croccanti di semi dolci, dolci canditi, diffusissimi e preparati con frutta di ogni genere. Ci sono poi i dolci al cucchiaio: creme, budini, flan, polente dolci, sformati di farine varie, come il castagnaccio. Le crostate possono essere confezionate sia nella versione dolce che salata.
Per quanto concerne la pasticceria in Lombardia ingredienti comuni sono latte e panna, noci e nocciole, castagne e mele. Tradizionalmente Milano è la città del Panettone, Pavia della Colomba, Mantova della Sbrisolona, Cremona del Torrone.
La torta Sbrisolona tipica del mantovano abbina la farina gialla a mandorle e vaniglia, retaggio delle antiche corti principesche. Chiamata in questo modo per via della consistenza simile alle briciole, la torta è nata tra il ’500 e ’600 come piatto povero di origini contadine e, in passato, era preparato con il solo utilizzo di strutto e farina di mais. Il dolce, molto apprezzato dai Gonzaga, fu introdotto tra i piatti di corte e fu arricchito con ingredienti più nobili. La sbrisolona si caratterizza per la consistenza piuttosto secca e croccante. A causa della consistenza che rende complicato il taglio del dessert, la sbrisolona si consuma rotta a pezzi con le mani ed è preferibilmente servita con un vino dolce liquoroso.
Il Torrone, dolce tipico della città di Cremona, avrebbe origine da un dolce servito il 25 ottobre 1441 al banchetto che si tenne dopo le nozze, celebrate a Cremona, fra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti. Tale dolce consisteva, come storicamente accertato, in un composto di mandorle, miele e bianco d’uovo molto compatto, modellato in modo da riprodurre la forma del campanile del duomo, il noto Torrazzo. In quell'occasione e per iniziativa estemporanea di un cuoco sarebbe nato il dolce con già la forma e il nome definitivi. Proprio per esaltare le qualità di questo prelibato dolce cremonese ogni anno nella città di Cremona si tiene a Novembre lo “Sweet Torrone”, golosa kermesse dedicata al più tipico dei dolci natalizi.
La Colomba Pasquale è il dolce italiano di pasta lievitata più rappresentativo della Pasqua. La preparazione è stata inventata in Lombardia negli anni ’30 quando la ditta milanese Motta, per sfruttare gli stessi macchinari con cui produceva i panettoni, pensò di ideare un dolce che fosse altrettanto rappresentativo della Pasqua. La sua composizione differisce da quella del dolce natalizio per una più accentuata presenza nell'impasto di scorza di arancia candita, a totale sostituzione dell’uvetta, per una maggiore quantità di burro e uova e per la glassa di zucchero e mandorle. Indubbiamente il dolce ha avuto larga diffusione nel Novecento, ma alcune fonti fanno risalire la sua nascita al periodo longobardo. La ricetta tradizionale della colomba pasquale è stata inserita negli elenchi della P.A.T. (Prodotti agroalimentari tradizionali) ma, per appartenere effettivamente a questa categoria, la colomba deve essere confezionata con il lievito naturale (chiamato anche pasta madre o pasta acida). Alla preparazione possono essere aggiunte farciture, bagne, coperture, glassature, decorazioni di frutta e altri ingredienti caratterizzanti a eccezione di altri grassi differenti dal burro, purché il peso del prodotto finito derivi per almeno il 50% dall’impasto base. Anche se gli ingredienti sono pochi, la preparazione di questo dolce richiede molta pazienza per via delle ripetute e lunghe lievitazioni. Il risultato compensa sicuramente la lunga attesa.
Nel capoluogo lombardo non può mancare il Panettone, nonostante si sia dibattuto molto riguardo le sue origini. Una leggenda riferisce che nacque dall'errore di un giovane di cucina alla corte di Lodovico il Moro che, avendo bruciacchiato il pane per il Signore di Milano, riuscì a rimediare impastandolo con uova, zucchero e spezie e raccolse poi gli elogi di tutta la corte. Più probabilmente il panettone è un elaborato popolare e il suo nome deriva dalle dimensioni. La preparazione - un autentico rito - avveniva sotto la sorveglianza del padrone di casa che vi incideva prima della cottura una croce in segno di benedizione del dolce che veniva mangiato alla vigilia di Natale in famiglia attorno al focolare.
Usare i migliori ingredienti e la freschezza dei prodotti è una cosa essenziale nel mondo della pasticceria, prodotti che vengono realizzati a regola d’arte e con grande maestria da pasticceri che utilizzano solo ed elusivamente ingredienti di prima qualità.
Una pasticceria può realizzare anche servizi di catering con specialità dolci e salate per rinfreschi, coffe break, colazioni di lavoro, feste per bambini e adulti, personalizzando il servizio in base alle esigenze dei clienti.
In Lombardia, il cioccolato viene utilizzato nella preparazione di tantissimi prodotti artigianali dolciari, abbinandolo a prodotti tipici della regione, tra cui praline assortite, cioccolatini ripieni di crema di gianduia e di marroni, di liquori come la grappa, cioccolate calde aromatizzate e dragees. Un po' in tutta la regione non mancano fiere e feste, il cui protagonista è proprio il cioccolato artigianale.
A Gardone Riviera (Brescia), ad esempio, la manifestazione “Cioccolato e prodotti tipici: notte fondente” celebra il cioccolato e i prodotti tipici della terra del territorio bresciano. L'evento rientra nel network dell'agricoltura lombarda - stagione 2014. Cioccolato e prodotti tipici testimoniano come i sapori della tradizione, valorizzati dalla Regione attraverso il PSR (Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020), possano andare a braccetto con la dolce seduzione del cacao. A Broni (Pavia), nel mese di marzo ha luogo il “Cioccovillage”, una domenica a tutto cioccolato, in cui il paese si trasforma in Villaggio di Cioccolato, con assaggi, acquisti, laboratori del gusto con maitres chocolatiers, lezioni di cake design, animazione per grandi e piccini e... una torta di profiteroles gigante. Nel comune di Ponte San Pietro (Bergamo), sempre a marzo ha luogo la manifestazione di “Cioccolandia” per gli amanti del cioccolato, dove per le vie del centro espongono maestri cioccolatai provenienti dalle varie regioni e con il taglio del mega panino spalmato di cioccolata offerto dai commercianti di Ponte.
Il gelato artigianale è caratterizzato dall'uso di materie prime fresche. Il prodotto è quindi fresco e realizzato dallo stesso rivenditore, contiene una bassa quantità di grassi (6-10%) e quantità d'aria (max 35%) rispetto al gelato industriale. Nel gelato artigianale l'ingrediente presente in maggiore quantità è il latte (almeno il 60%) seguito dagli zuccheri (14-24%) e dalla panna (5-20%). Spesso è presente anche una certa quantità di latte magro in polvere per garantire un adeguato apporto di proteine e solidi del latte, di vitale importanza per il mantenimento della struttura.
La ricetta di un buon gelato artigianale, oltre alla selezione di ingredienti di alta qualità, presenta un corretto bilanciamento dei componenti solidi dei vari ingredienti. Tali componenti sono il grasso vaccino, unito talvolta a quello del tuorlo d'uovo di gallina, gli zuccheri, i solidi magri del latte. Si trovano anche altri ingredienti solidi, quali stabilizzanti dell'emulsione acqua-grasso, addensanti di legame per l'acqua, solidi diversi da grassi, zuccheri e magri del latte e presenti nella ricetta per effetto di determinati ingredienti, come per esempio i prodotti derivati dal cacao, semi a guscio (nocciola, pistacchio, mandorla, noce, pinoli).
La miscela base per i gusti deve essere sottoposta a pastorizzazione al fine di renderla igienicamente sicura e di ottenere un miglior legame tra componenti solidi e acqua, risultante in una struttura più stabile e una tessitura più cremosa nel prodotto finale. La preparazione del gelato avviene mediante l'uso di apposite macchine che consentono la gestione delle varie fasi. L'Italia è l'unica nazione al mondo dove il gelato artigianale copre il 55% del mercato, grazie alla copertura capillare, la storia, la tradizione, l'abitudine del gelato da passeggio e la professionalità degli addetti.
Negli ultimi anni, l'aumento di allergie, intolleranze alimentari e celiachia, ha favorito la diffusione di gusti vegetali senza glutine e soprattutto senza lattosio (usando latte di riso o di soia), o a base acqua (frutta).
La Lombardia è la prima regione italiana (12,9% del totale) produttrice di gelato artigianale.
La birra, una delle bevande più antiche prodotte dall'uomo, è probabilmente databile al settimo millennio a.C.. Prima della rivoluzione industriale era principalmente fatta e venduta su scala domestica. Durante la rivoluzione industriale, la produzione di birra passò da una dimensione artigianale ad una prettamente industriale, e la manifattura domestica cessò di essere significativa a livello commerciale dalla fine del XIX secolo.
Dal 1990 la riscoperta dell’artigianalità brassicola promuove nuovamente le piccole produzioni e lancia una rinascita di tutti quei micro birrifici sparsi ovunque che con il loro incessante lavoro e amorevole ricerca per le materie prime lottano contro l’appiattimento del gusto delle birre commerciali per generare un fenomeno di localizzazione mirato ad arricchire il paniere di prelibatezze di cui il nostro paese va fiero.
La Lombardia può dirsi a tutti gli effetti la capitale della birra artigianale italiana, o quantomeno la zona dove è ripartito l’amore per questa bevanda fatta con criterio e non in modo industriale. Il “rinascimento” della birra artigianale italiana sembra essere capitanato infatti dalla Lombardia con ben 43 piccole aziende in attività. Un fenomeno nuovo che sta affascinando soprattutto il mondo della ristorazione e, addirittura, delle enoteche. Insomma, quella della birra artigianale è ormai una realtà ben radicata e capillare nel territorio italiano e di buon livello qualitativo con delle vere e proprie punte di eccellenza.
La birra artigianale è un prodotto non pastorizzato, cioè non subisce quel processo che “sterilizza” un prodotto ai fini della lunga conservazione, e non filtrato, mantenendo quindi tutte le componenti che contribuiscono a formare il profilo organolettico, così ricco di aromi e sapori.
I birrifici artigianali utilizzano ingredienti naturali, e, con l'introduzione di “birrificio agricolo”, impiegano anche orzo e luppolo provenienti dal territorio di loro appartenenza.
Tutto questo contribuisce a creare dei prodotti che sono unici e assolutamente irripetibili. La birra viene prodotta principalmente con il malto d'orzo e/o con il malto di frumento (e in alcuni casi anche con legumi selezionati della regione dell'Umbria), elementi base, ai quali vengono aggiunti luppolo, lievito ed acqua.
La birra artigianale non deve contenere conservanti e/o additivi chimici e la sua produzione deve essere limitata dove gli impianti e le attrezzature diventano secondari rispetto alle capacità del “maestro birraio”. Deve perdere nel tempo l'iniziale equilibrio di aroma/gusto voluto dal birraio: l'aroma del luppolo si affievolisce, il gusto diventa più secco per i lieviti che "digeriscono" parte degli zuccheri complessi.
I Distillati (o Acqueviti) sono ottenuti tramite distillazione di vari ingredienti, quali vino (Brandy, Cognac), vinacce (Grappa), cereali (Whisky, Vodka), canna da zucchero (Rum), frutta, etc. In particolare la Grappa è l’unica acquavite ottenuta direttamente da una materia prima solida, la vinaccia. Il termine generico “vinaccia” include oltre alle bucce, i raspi e i vinaccioli, che devono però essere esclusi dalla distillazione per l’ottenimento della grappa. Parlando quindi di vinacce per la produzione della grappa, si deve intendere solamente la parte nobile, ossia quella costituita dalle bucce degli acini dell’uva. L’alambicco è lo strumento che permette l’estrazione dell’acquavite dalle vinacce tramite la distillazione.
La distillazione lombarda affonda le sue radici in un passato ricco di tradizione e figure che a buon diritto hanno conquistato la fama nell’arte dell’alambicco. Il padre gesuita Francesco Terzi Lana (Brescia, 1631 - 1681) applicò le proprie conoscenze di fisico alla distillazione, dedicandovi il terzo volume della sua opera più nota, il Magisterium Naturae.
La Lombardia presenta una grande varietà di vitigni coltivati, affiancati dalle tipiche uve regionali quali Bonarda, Croatina e Groppello gentile. L’Oltrepò pavese detiene il primato nella produzione di Pinot nero in Italia. Le zone di Brescia, con la Franciacorta, e di Bergamo offrono una interessantissima varietà di vinacce fresche per la distillazione. E come non citare la Valtellina, dove il vitigno piemontese per eccellenza, il Nebbiolo, ha trovato espressione in eroici vini quali lo Sfursat.
Il Liquore è, in genere, una soluzione alcolica zuccherina a base di componenti vegetali ottenuti per loro distillazione, estrazione o diluizione. È quindi composto da acqua, alcool, zucchero, estratto o succo di frutta. Tali componenti devono essere assolutamente naturali in primo luogo per poter offrire al consumatore finale un prodotto sano; in secondo luogo perché soltanto così si ritroveranno nella bevanda profumi e gusti che ricordano inconfondibilmente la denominazione del liquore.
Vi sono Liquori monocomponenti o semplici, che contengono una sola pianta determinante ed eventualmente altre come aromatizzanti o correttive del sapore o del colore (Limoncello, Arancino, Nocino ...), e Liquori pluricomponenti o composti, contenenti, generalmente, miscele di vegetali, come ad esempio gli Amari.
In Lombardia troviamo due ottimi liquori tipici: il liquore al mirtillo e il liquore alla castagna. Il primo è un distillato di grande qualità aromatizzato con frutti selezionati di mirtillo. Tale liquore ha preziose proprietà benefiche e un aroma particolarmente fragrante che deriva dalle bacche di mirtillo. Il secondo è, invece, prodotto dalle castagne raccolte in Vallecamonica dalla farina di castagne che viene messa a macerate in alcool puro per un periodo di 15 giorni. Successivamente viene aggiunto dello zucchero risultando un ottimo digestivo dal piacevole gusto di castagne. Altro liquore tipico della Lombardia è il liquore Genepy, prodotto anche in altre regioni del nord Italia. Ottimo come digestivo, ma anche come stimolante del sistema nervoso, il liquore genepy è ottenuto mediante infusione a freddo di piantine di genepy (artemisia glacialis).
La frutta è un alimento fondamentale, come la verdura, per mantenere un giusto apporto di vitamine, sali minerali e fibre. Le proprietà della frutta permettono, se consumata in modo corretto e regolarmente, di alimentarsi in modo sano ed equilibrato. Per secoli l’uomo si è nutrito secondo i cicli naturali delle stagioni, il nostro organismo, al cambiare della temperatura e delle condizioni ambientali, cambia le sue esigenze e le sue necessità che possono essere perfettamente soddisfatte dagli alimenti di stagione. Alcuni esempi aiutano a comprendere questa importante necessità per il nostro organismo. Come si potrebbe sopportare il calore provocato dal solleone senza l’abbondanza della frutta e degli ortaggi estivi, prevalentemente composti da acqua e da sali minerali, e cosa c’è di meglio di alcune delle sostanze contenute nella frutta primaverile (ad esempio gli acidi organici della Fragola), per facilitare i processi depurativi che spontaneamente il corpo mette in atto nel passaggio dalla stagione fredda a quella temperata.
Per quanto riguarda la Lombardia sono da segnalare due IGP del settore frutticolo: la Mela della Valtellina e la Pera di Mantova, prodotti tipici delle due province lombarde maggiormente vocate per la produzione frutticola. Nella provincia di Sondrio si concentra quasi il 40% della produzione frutticola lombarda: la produzione provinciale è rappresentata per la quasi sua totalità (98%) dal melo.
Pera Mantovana IGP. Fin dal Medioevo la provincia di Mantova, in particolare la zona dell’Oltrepò Mantovano, è rinomata per le sue pere dolci e succose: sei varietà che caratterizzano un frutto pregiato conservato fino ad oggi grazie a sapienti innesti e incroci. Grazie alle condizioni pedo-climatiche di questo territorio, è possibile far maturare i frutti limitando al massimo gli interventi di concimazione e di difesa fitosanitaria ottenendo così un prodotto sano per il consumatore, rispettoso dell'ambiente e dalle ottime caratteristiche organolettiche. Per tali motivi nel gennaio del 1998 la Pera Mantovana ottenne il riconoscimento europeo di Indicazione Geografica Protetta I.G.P., e nacque il Consorzio Pera Tipica Mantovana Perwiva, che ne tutela e promuove la produzione.
Mela della Valtellina IGP. Anche la melicoltura valtellinese risale all'epoca medievale quando la valle, soleggiata e particolarmente fertile, era già descritta ricca di alberi da frutto, come risulta nella "Guida Antica della Valtellina", datata 1616. I meli erano inizialmente coltivati negli orti adiacenti alle case, poiché destinati all’autoconsumo; ma già nel 1777 si emettevano ordinanze per regolare la commercializzazione dei frutti nei mercati rionali e cittadini. L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) "Mela di Valtellina" è riservata ai frutti provenienti dai meleti coltivati nella provincia di Sondrio e costituiti attualmente dalle varietà Red Delicious, Golden Delicious, Gala. La Mela della Valtellina si contraddistingue per colore e sapore particolarmente accentuati, polpa compatta e alta conservabilità. Tali caratteristiche qualitative sono dovute alla stretta combinazione esistente tra i fattori pedoclimatici (altitudine, latitudine, intensità luminosa) e la professionalità degli operatori che, grazie alle loro capacità e al rispetto dell’ambiente, contribuiscono a conferire alle mele della Valtellina caratteristiche uniche e inimitabili.
I Limoni, come i Cedri del Garda, vengono coltivati su terrazzamenti che sono chiusi da tre muretti. Sul lago di Garda furono portati dalla Riviera ligure nel corso del sec. XIII dai frati del convento di San Francesco di Gargnano. Dal loro giardino, che ancora a fine Ottocento era detto "primo, perché fu il primo fabbricato e coltivato", si diffusero a Toscolano Maderno.
Anche la Castagna è un frutto tipico lombardo. I Castagneti sono presenti nelle province di Como, Lecco, Sondrio, Bergamo e Brescia. Le Castagne della Lombardia sono di buone dimensioni, dolci, saporite e profumate.
Tra i prodotti ortofrutticoli tipici della Lombardia menzioniamo:
L’Asparago Bianco di Cilavegna. Cilavegna, comune della provincia di Pavia, è caratterizzata da terre umide e sabbiose adatte alla coltivazione degli asparagi, ortaggi di origini asiatiche, che qui si distinguono da più di cinquecento anni per la loro tenerezza e per il loro sapore delicato e raffinato. Infatti l’Asparago di Cilavegna, bianco e di notevoli dimensioni, grazie al suo aroma estremamente delicato e nel contempo molto persistente, può essere tranquillamente consumato anche crudo. I campi in cui si coltiva l’asparago vengono chiamati aspargiate, e il raccolto avviene in primavera, da marzo a maggio. Per preservare la qualità e la genuinità del tipico ortaggio di Cilavegna nel 1987 si è costituito il Consorzio Produttori Asparagi Cilavegna (CON.P.A.C.).
La Cipolla Rossa di Breme. Nel dialetto locale viene chiamata sigulla ed è coltivata nei circa due ettari di terreni che circondano il comune di Breme (Pavia). Venne introdotta nelle coltivazioni locali dai monaci della Novalesa nel 906 d.C. e da allora ben poco è cambiato nelle tecniche di coltivazione e le sementi sono ancora preparate scegliendo una per una le cipolle migliori da mandare in fioritura. Per coltivare la Cipolla Rossa di Breme i semi vengono posti a bagno, con luna calante, in sacchi di iuta; successivamente, appena germinati, vengono recuperati e seminati in vivaio. Dopo un breve periodo le piantine sono finalmente trapiantate in campo, nei pochi terreni verso la golena che da secoli accolgono questa coltura. Il tempo della raccolta giunge a partire da giugno e si protrae per circa due mesi. Il sapore della Cipolla di Breme, persistente ma pacato, assolutamente unico e irriproducibile altrove, viene soprannominata la Dolcissima dai bremesi.
La Zucca, ortaggio simbolo del mantovano a cui sono dedicati ricettari e percorsi enogastronomici come Di zucca in zucca, è una pianta originaria delle Americhe, dove veniva coltivata già diversi millenni a.C. La zucca mantovana è caratterizzata dalla polpa pastosa e dura e dal sapore dolciastro. Si tratta di un alimento ipocalorico e ricco di potassio, magnesio, vitamina A e vitamina E, con un ottimo contenuto di fibra. È una pianta rustica, semplice da coltivare, non necessita di grosse concimazioni, resiste alla siccità e presenta una discreta tolleranza alle malattie e agli insetti. Per la zucca vale il detto non si butta niente, infatti ogni parte della pianta è commestibile, a partire dai fiori e dalle foglie. Attualmente la zucca mantovana è riconosciuta come prodotto agroalimentare lombardo tradizionale (previsto dal Decreto del Ministero delle Politiche Agricole del 18 luglio 2000 e aggiornato dalla Regione Lombardia con il DGR 7/17477 del 17/05/2004).
In Lombardia inoltre si sta espandendo la coltura della frutta biologica da parte di molte aziende agricole. Fino a qualche anno fa la maggior parte della produzione biologica era destinata all’esportazione ma l’aumentato interesse dei cittadini verso un’alimentazione salubre ha spinto le aziende bio ad adeguarsi. Di conseguenza cominciano ad essere molte le imprese biologiche ad effettuare vendita diretta tramite uno spaccio aziendale e/o la consegna a domicilio dei prodotti bio.
Le spezie sono semi, frutti, radici, cortecce o sostanze vegetali usate in quantità irrisorie dal punto di vista nutrizionale come additivi per dare sapore ad un alimento. Le spezie creano un'atmosfera magica in cucina, perché riempiono i nostri semplici piatti di colori e profumi. Tante varietà - Anice, Cannella, Chiodi di garofano, Coriandolo, Liquirizia, Menta, Mirto, Mentuccia, Noce moscata, Pepe rosa, Peperoncino, Senape, Vaniglia, Zafferano - e altrettante le virtù che si decantano da tempi immemori. Possono essere sostitutive del sale, che se preso in dosi troppo elevate può causare problemi all'organismo, le proprietà che racchiudono favoriscono la circolazione sanguigna, la digestione e la respirazione. Insomma, hanno vere e proprie qualità antiossidanti, balsamiche e tutte naturali.
In Lombardia, zona di consumatori della spezia più famosa, lo zafferano, con i suoi piatti tipici come il risotto alla milanese o allo zafferano, la relativa coltivazione rappresenta una parte di nuova agricoltura lombarda, intrapresa da una serie di aziende, spesso condotte da giovani imprenditori. In alcuni casi la scelta di lavorare la terra è arrivata dopo altri percorsi di studio e professionali. Attualmente, secondo le stime di Coldiretti Lombardia, la coltivazione occupa una superficie di circa 2mila mq suddivisi in piccoli appezzamenti, molti dei quali destinati a uso familiare. La raccolta dei fiori, tra fine ottobre e inizio novembre, deve avvenire rigorosamente a mano: dalle prime luci mattutine fino a poco prima dell’alba, quindi bisogna separare i pistilli dai fiori e procedere all'essiccazione.
Il Crocus Sativo è una pianta faticosa da coltivare e da lavorare per la sua delicatezza, ma che dà grandi soddisfazioni per la sua bellezza e la sua versatilità in cucina. Si può usare nella preparazione di tutti i piatti, dagli antipasti ai dolci, fino alla realizzazione di liquori e birre.
Le principali coltivazioni di zafferano si trovano sulle colline di Ronco Briantino, al confine con la provincia di Lecco, dove viene coltivato lo Zafferano Padano, che è in conversione biologica, in provincia di Bergamo, in Val Brembana, a Dossena.
Esiste un testo del 1829 sulla coltivazione dello zafferano in Lombardia, a cura di un medico di Angera (VA) che nel 1810 prese dei bulbi di crocus sativus dal giardino botanico di Pavia e lo coltivò con successo.
Con il termine legumi si intendono i semi commestibili delle piante appartenenti alla famiglia delle leguminose (papilionacee), che possono essere consumati allo stato fresco, secco, surgelati e conservati. Le leguminose più usate sono: i fagioli, i piselli, le fave, le lenticchie, i ceci.
Alimenti ricchi di proteine e fibre, i legumi rappresentano una delle voci principali della coltivazione in Lombardia. Particolarmente diffusa è la produzione di fagioli in svariate tipologie e di lenticchie.
Un legume tipico di questa regione è il Fagiolo Borlotto di Gambolò è una varietà antica di fagiolo borlotto a portamento rampicante, di produzione locale e lavorazione quasi esclusivamente manuale, tipico della zona della Lomellina, in Provincia di Pavia. Vanto di questa zona, è abitualmente abbinato a cereali e pasta, o preparato in risotto con la salsiccia. Ma grazie al suo sapore delicato, si presta anche ad utilizzi insoliti: per esempio biscotti e dessert realizzati a base di Borlotto, tra i biscotti borlottini e la torta Ariosa.
Il Borlotto di Gambolò si presenta come un inconfondibile baccello rosso con screziature color crema contenente semi di media dimensione di color rosso arancio con sfumature rubino. Questo legume, noto anche come Borlotto di Vigevano, ha per secoli rappresentato la fonte principale di proteine nell'alimentazione di tutti coloro che non si potevano permettere un consumo frequente di carne e per questo si è guadagnato la fama di “carne dei poveri”.
In epoca recente è stato sull’orlo dell’estinzione, tanto da meritare un intervento di salvaguardia attuato dalla Coldiretti locale e dalla Pro-Loco di Gambolò tramite un progetto che prevedeva la riproduzione del seme originario e la sua diffusione a produttori interessati. Il Borlotto di Gambolò è ancora svincolato dai metodi e dalle quantità della grande distribuzione. Viene prodotto da alcuni coltivatori in poderi nei dintorni di Gambolò, seguendo metodi di coltura e raccolta tradizionali.
Il termine cereali non è una voce di classificazione botanica, ma il nome generico che raggruppa le piante erbacee con frutti da cui si può trarre farina. Oltre che le piante, il termine indica i loro chicchi e semi, da cui si ricavano prodotti come la granella. Fin dall'antichità, i Piceni, genti italiche che al tempo degli Etruschi abitavano il territorio tra Romagna, Marche e Abruzzo, utilizzavano i cereali come base dell’alimentazione.
La maggior parte del territorio agricolo italiano è destinato ai cereali; tuttavia la produttività raggiunge buoni livelli solo nel Nord. In Lombardia, nonostante la parte montuosa, dove il rendimento dei campi è scarsissimo, la produzione agricola della Regione è tra le più alte d'Italia. Ciò è dovuto all'abbondanza delle acque d'irrigazione, all'adozione di tecniche moderne, all'impiego di macchine e di fertilizzanti e, in buona parte, all'esistenza di grandi aziende razionalmente organizzate.
La Lombardia si trova ai primi posti tra le regioni d'Italia nella produzione di granoturco, segale, orzo, frumento, riso, mais.
Il cereale più diffuso in Lombardia (in particolare nella Lomellina) è sicuramente il Riso: una pianta della famiglia delle graminacee di antichissima coltivazione, proveniente dai paesi orientali con clima tropicale, esso necessita di particolari condizioni di temperatura ed umidità. Le prime notizie sulla coltivazione del riso in Lomellina risalgono alla fine del Quattrocento; in quel tempo, infatti, il marchese di Mantova diede diversi sacchi di riso trasportati dall'oriente al suo cugino milanese, Ludovico il Moro: da quel momento, il riso iniziò la sua diffusione in terra lomellina. Alcuni studi affermano che la prima semina di riso in Italia avvenne proprio in questo territorio, e precisamente nel 1482 a Villanova di Cassolnovo, per iniziativa di Gian Galeazzo Visconti; in seguito la coltivazione venne diffusa nelle fattorie degli Sforza, nei dintorni di Vigevano. Tuttavia, anche se la particolare conformazione del terreno, ricco di acque superficiali e poco profonde, si è rivelata subito adatta alla coltivazione, la diffusione delle risaie in Lomellina è stata limitata fino al sec. XVIII. Dall'Ottocento, con la costruzione del Canale Cavour, la coltivazione si è andata sempre più affermando ed oggi copre buona parte del territorio coltivato con una produzione decisamente superiore al passato (dai 18 ai 60 quintali per ettaro).
Un altro cereale tipico lombardo è il Grano Saraceno, coltivato in Valtellina, nella zona di Teglio, dove trova le condizioni ambientali ideali. Il suo nome scientifico è Fagopyrumche, che deriva dalla combinazione del latino fagus (faggio), per via degli acheni triangolari simili a quelli delle faggiole, e dal greco piròs (frumento). Si consuma nelle minestre, specialmente di verdure e, in forma di farina, per la polenta saracena, crespelle e la preparazione della pasta alimentare (famosi i pizzoccheri e le manfrigole della Valtellina), e per la preparazione di dolci o biscotti. Il grano saraceno si distingue dai comuni cereali per l’elevato valore biologico delle sue proteine, è una buona fonte di fibre e di minerali, soprattutto manganese e magnesio, inoltre è privo di glutine e quindi adatto per i soggetti celiaci.
La farina è un alimento ottenuto dalla macinazione delle cariossidi dei cereali o di altri prodotti amidacei. Costituente fondamentalmente di tutti i tipi di farina è infatti l'amido, un polisaccaride complesso, a cui si aggiungono parti minori di proteine, grassi e fibre. Nell'uso comune, il termine farina serve ad indicare quella di grano e in particolar modo quella di grano tenero, mentre si usa la parola semola per la polvere di grano duro. Per il loro ruolo nella fabbricazione di pane e pasta, queste sono infatti le più diffuse nel mondo, tutelate dalle leggi dei diversi paesi. Esistono anche farine di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di kamut etc. oppure di legumi, frutta a guscio, tuberi.
In Lombardia per la trasformazione del frumento in farina sono ancora attivi alcuni mulini con macina in pietra che rispettano le antiche tecniche di molitura. Gli impianti, di dimensione variabile, sono diffusi in tutto il territorio regionale e rappresentano la base per la grande tradizione di prodotti lombardi come il pane e i dolci.
Tipica della Lombardia è la farina di grano saraceno, un tempo considerata poco pregiata, buona soltanto per la cucina povera dei contadini. La polenta “nera”, fatta esclusivamente con farina di grano saraceno o miscelata con una parte di farina di granoturco, era ed è uno dei piatti forti della cucina tradizionale valtellinese. Aggiungendo burro e formaggio diventa polenta taragna, se si cuoce nella panna fresca si trasforma invece in pulenta ’n fiù (polenta in fiore) e se invece si miscela con altre farine, allora è pulenta mugna.
Comunemente per tartufo si intende il solo corpo fruttifero ipogeo che viene individuato con l'aiuto di cani e raccolto a mano. Il tartufo è un frutto della terra conosciuto dai tempi più antichi. Si hanno testimonianze della sua presenza nella dieta del popolo dei Sumeri ed al tempo del patriarca Giacobbe intorno al 1700 - 1600 a.C. Esso è un alimento estremamente pregiato e ricercato, molto costoso. Le prime notizie certe sul tartufo compaiono nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Nel I secolo d.C., grazie al filosofo greco Plutarco di Cheronea, si tramandò l'idea che il prezioso fungo nascesse dall'azione combinata dell'acqua, del calore e dei fulmini. I tartufi sono relativamente rari, in quanto la loro crescita dipende da fattori stagionali, oltre che ambientali. L'Italia è uno dei maggiori produttori mondiali ed esportatori di tartufi.
Le zone della Lombardia a maggior vocazione tartuficola sono: l'Oltrepò Pavese, nella zona compresa tra le province di Alessandria e di Piacenza per il Tartufo Nero, fino al corso del Po per il Tartufo Bianco Pregiato. I centri più famosi sono Varzi e Casteggio. L’area dell’Oltrepò Mantovano è un vero e proprio scrigno del tesoro, costituito dal pregiatissimo Tartufo Bianco Tuber magnatum Pico. Nel Garda (in provincia di Brescia) le colline moreniche per il Tartufo Nero Pregiato e per il Nero Ordinario (Brumale). A Bergamo, alcune zone della provincia producono importanti quantità di Tartufo Nero Pregiato e Scorzone. La provincia di Mantova è anch'essa molto interessante per la produzione di tartufi. I centri importanti della zona sono: Borgofranco sul Po, Carbonara di Po, Bonizzo. La zona tipica del Tartufo Bianco Pregiato si estende dalla dorsale appenninica che va da Surmide a Quingentale sino ai terreni alluvionali del Fiume Po e Mincio. Dall'alto mantovano sino ai comuni di Solferino e Volta Mantovana si raccoglie il Tartufo Nero Pregiato e lo Scorzone.
Per quanto riguarda la produzione di funghi, la Val Brembana, ricca di acque, di sorgenti, di boschi, di prati e di pascoli, rappresenta un habitat ideale per la crescita di una gamma vastissima di funghi; dal punto di vista della fertilità e della varietà di specie rinvenibili, esse non hanno nulla a che invidiare a zone ben più rinomate o reclamizzate. A seconda dell'andamento stagionale e delle condizioni ambientali, si possono infatti raccogliere, talvolta anche in quantità notevoli: ovoli, porcini, porcinelli (neri e rossi), gallinacci, chiodini, pioppini, mazze da tamburo, prataioli e moltissimi altri.
Il termine pianta aromatica indica piante contenenti sostanze di odore gradevole (aromi), ricche di oli essenziali. Molte piante aromatiche hanno anche proprietà medicinali e officinali, e generalmente vengono utilizzate: in cucina, come spezie per insaporire i cibi o prolungare la conservabilità di alcune pietanze; in erboristeria, fresche o più frequentemente essiccate per la preparazione di infusi o bevande dissetanti; industrialmente, per la preparazione di liquori o amari; in profumeria, per la preparazione artigianale di profumi, pomate e creme; nelle industrie chimiche, per l'estrazione delle essenze destinate alle industrie alimentari, cosmetiche e farmaceutiche; più semplicemente possono essere usate per abbellire giardini e terrazzi, data la varietà dei loro colori e profumi. Una menzione particolare merita la Lavanda per la sua straordinaria bellezza e ottimo profumo, con la quale si preparano moltissime cose che sono una parte essenziale della tradizione e della vita della campagna, anche in Lombardia. Si possono preparare infusi, estratti ed essenze da bere, oppure eccezionali prodotti per la cura del corpo, quali lavaggi e impacchi, lozioni, olii e, naturalmente, l’acqua di lavanda. Nel mese di maggio a Saronno ha luogo la “Festa della Lavanda”, dove vengono presentati prodotti da forno alla lavanda, degustazioni di piatti alla lavanda, e addirittura gelato alla lavanda.
Tra le tante piante aromatiche, fondamentali nella cucina veneta, troviamo basilico, prezzemolo, menta, salvia, rosmarino, nepitella, timo, alloro, semi di finocchio, maggiorana, mirto, ginepro, dragoncello e cumino, che vengono regolarmente usati per insaporire anche i piatti più semplici. Le erbe aromatiche hanno un grande potere nell'arte della cucina: conferiscono sapori in modo semplice, naturale, lungi da ogni sofisticazione; esaltano i sapori; creano dal poco (soprattutto dagli avanzi) dei piatti che diventano vere e proprie leccornie. Le piante aromatiche, come lavanda, rosmarino, timo, santolina, salvia ed altre, sono piante molto ornamentali da utilizzare anche per il giardino essendo sempreverdi, fiorifere, profumate e perenni. Le piante aromatiche sono resistenti sia alle basse che alle alte temperature, alla siccità, perciò sono adatte anche a terreni secchi e poveri e inoltre richiedono pochissime cure e manutenzioni.
Itinerari gastronomici
Come unire un’ottima cena con tanto di vino e un giretto alla scoperta di qualche bellezza architettonica lombarda? Semplice, con un tour enogastronomico. Va molto di moda, ormai tutti sono blogger di qualcosa – food, arte, wine e via dicendo -, quindi fa anche molto figo dire: “Questo fine settimana faccio il tour enogastronomico alla scoperta del risotto mantovano”. Ogni scusa è buona per mangiare, per me, a dire il vero, più per bere un bicchiere di vino. Purché sia buono. E in Lombardia, per fortuna, i vitigni eccellenti di certo non mancano.
Formaggella del Luinese alla Rocca di Angera
Il tour enogastronomico delle Valli Varesine interessa la porzione montana della provincia di Varese, fino alle Valli del Luinese. Paesaggio pieno di verde e ottime delizie da mettere sotto i denti. Formaggella del Luinese DOP, salamini di capra e ricotta, insieme al brasato di cinghiale, tanto per stimolare un po’ l’appetito. Da bere, Ronchi Varesini IGT. Io ho una predilezione per i castelli: da visitare c’è la Rocca di Angera e la Torre imperiale di Maccagno.
Casoncei e Valcalepio DOC
La zona di Bergamo offre interessanti spunti sia culinari che artistico-paesaggistici. Dalla fascia collinare ad est di Bergamo, fino al lago d’Iseo, passando per i terreni argillosi della fascia a nord ovest di Bergamo che ospita 300 ettari di vigneti. La strada del Vino e dei Sapori della Valcalepio si gusta a tavola con casoncei alla bergamasca, polenta con brasato e coniglio. Il vino d’accompagnamento è un Valcalepio DOC, rosso o bianco. Io mi farei anche un giro sul lago d’Iseo, magari prima che finisca The Floating Piers, l’installazione di Christo che fa camminare sulle acque.
Risot menà e Lambrusco
Quasi al confine con il Veneto, la zona di Mantova regala delle chicche a chi ama il risotto. La coltivazione del riso qui è una faccenda antica ed esalta la varietà autoctona, il Vialone nano. Adesso, senza perderci in troppe chiacchiere, sediamoci a tavola per ordinare il risotto alla pilota – cucinato per assorbimento dell’acqua e aggiunta di pesto di maiale -, oppure il Risot menà, mantecato con salamella fresca e brodo di carne. C’è anche quello con la zucca, che apprezzo sempre, ma bisogna aspettare la stagione. Il tutto annaffiato da litri di Lambrusco.
Spiedo alla bresciana e Capriano rosso
La storia di questo itinerario gastronomico si snoda attorno a Brescia. Antico centro gallico, divenne poi un importante ducato longobardo. Lo spiedo alla bresciana la fa da padrone, ma anche la trippa da questi parti è un piatto di casa. Il Capriano del Colle, bianco e rosso, è uno dei vini della zona, insieme al Montenetto di Brescia e il Ronchi. La tentazione, se finissi da queste parti, è quella di allungare il passo fino alla Franciacorta. Stai attento, però, a non perderti tra le bollicine!